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Altra partenza da incubo. Solita difesa, attacco flop

La papera di Abbiati manda in gol Succi. Rami rimedia il 2° pari di fila in provincia. Fino a quando brilla Menez, il gioco è ok

Abbiati si fa scappare il pallone che Davide Succi metterà  in rete
Abbiati si fa scappare il pallone che Davide Succi metterà in rete

Se la coperta del Milan è sempre molto corta, troppo corta in verità, questa è la conseguenza inevitabile. E cioè il secondo pari consecutivo raggiunto in provincia, a Cesena dopo il 2 a 2 rimediato a Empoli, con qualche stento, scandito dal solito sfondone difensivo e contraddistinto da una stanchezza finale che impedisce il colpo d'ala degno del blasone milanista. Partire con l'handicap non è mai un bel divertimento. E il Milan, qualunque sia l'allestimento della sua gendarmeria, ci sia Diego Lopez o Abbiati in porta, Rami o Bonera, Zapata o De Sciglio in circolazione, continua a confezionare errori che di fatto regalano gol al rivale costringendo il gruppo a faticose risalite in quota. Nel caso di Succi, appena ritornato in serie A dopo 4 anni di purgatorio calcistico, al minuto numero 10, quindi allorquando le antenne sono belle dritte, non deve far altro che raccogliere il cioccolatino scartato dal portiere rossonero con una respinta oscena sul cross di Brienza e illuminare la domenica estiva romagnola. Attenzione: qui non è più una questione di attenzione o di tensione, qui è questione che attiene ai fondamentali di un portiere dell'età (37 anni all'anagrafe) e dell'esperienza (ha giocato e vinto scudetti e Champions) di Christian Abbiati. Anche nella ripresa non tiene un pallone facile facile di Cascione provocando il secondo gol tolto per precedente fallo. Buon per Inzaghi che tra la pattuglia dei difensori ci sia anche Rami il quale mostra qualche difficoltà nell'avviare l'azione ma, di testa, nell'area altrui, è un pericolo pubblico. E infatti al culmine dell'ennesimo assalto da calcio d'angolo riesce a fare centro. Ripagata la fatica del famoso istruttore dei calci piazzati Vio: è il primo sigillo che arriva da uno schema, più o meno.

La coperta corta non è solo in difesa. Se infatti, per una volta, l'attacco boom boom del Milan fa cilecca, allora a dispetto degli sforzi di Menez, non è possibile raccogliere la soddisfazione di un altro successo esterno. La spiegazione è scolastica. Torres non è pimpante come qualche giorno prima a Empoli, anche Honda si vede soltanto su punizione e poi batte la fiacca senza indovinare una sola percussione delle sue mentre Bonaventura, di gamba reattiva, non è Lionel Messi e bisogna accontentarsi del suo movimento. Piuttosto c'è da promuovere o bocciare lo schieramento, quello berlusconiano, cioè il famoso 4-2-3-1 che Pippo maschera da 4-4-2. Finchè ci sono energie e non si scivola sul sintentico (a proposito: ma han provato in settimana i tacchetti giusti?), il Milan mette il Cesena spalle al muro: merito esclusivo del francese che espone Zè Edauardo a una figuraccia senza ricavare però golose occasioni da gol, una sola forse, Bonaventura che ignora Torres smarcato a porta vuota. Appena Bisoli, inizio della seconda frazione, cambia Zè Eduardo con De Feudis, Menez finisce nell'imbuto e tutto il Milan perde la sua fonte d'ispirazione. Non manca la complicazione finale costituita dal rosso meritato da Zapata, il migliore dei suoi, a 20 minuti circa dai titoli di coda. In questo caso la trattenuta del colombiano su Defrel è provvidenziale perché impedisce di presentarsi tutto solo davanti ad Abbiati, insomma evita un gol sicuro difficile a quel punto da rimontare mentre la punizione successiva di Brienza dal limite si esaurisce in curva. Certo Zapata costringe i suoi a chiudere in 10 contro 11 ma è il male minore. «Abbiamo accusato la fatica per la terza partita in una settimana» fa sapere alla fine Pippo.

Ah, andiamo bene! Meno male che non ci sono le coppe in arrivo, allora.

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