Tre f per descrivere le tre condizioni di altrettanti allenatori dal diverso passato e dal presente ancora più disuguale. Uno è Stefano Pioli e fa rima con fiducia. La fiducia che oggi gli arriva dalla striscia record di risultati (8 in stagione, 21 contando il post lock down), dal primato in classifica a sorpresa, dal debutto in Europa league dopo i tre turni preliminari superati con qualche affanno e dal clima di Milanello che sembra diventato Gardaland. «Guardo con fiducia al nostro futuro» ripete il nostro al ritorno dalla Scozia che non è un viaggio comodo per nessuno e durante il quale si permette anche di misurare lo spessore di una panchina troppo giovane e inesperta per non suscitare qualche perplessità. Scoprendo ad esempio che Tonali ha bisogno di studiare ancora mentre Brahim Diaz e Hauge possono diventare una sorpresa nella scatola del panettone. «Al club avevo chiesto di avere 12-13 titolari e sono stato accontentato» ripete Pioli a proposito di un mercato giudicato dai più incompleto. Altri avrebbero tradito mal di pancia, frasi amarognole e lui invece ha tirato dritto, forte del rinnovo di Ibra e Kjaer, i due esperti del gruppo perché l'uomo è fatto così. Si considera fortunato a vivere questa stagione che può spalancargli orizzonti incredibili.
L'altra f è quella di felicità, parola sventolata ad Appiano Gentile da Antonio Conte che sembra quasi replicare indirettamente a chi accusa la sua Inter di essere una squadra triste. Lo fa non solo perché Hakimi e Young non sono più positivi ma perché è sua opinione che «la strada tracciata è quella giusta» e che chiunque arrivasse a Milano scoprirebbe nell'Inter «una struttura solida e una squadra che pratica un buon calcio pur se non raccoglie il dovuto». Sotto sotto, viaggiando oggi verso Marassi e il Genoa, Conte sa benissimo che il ridotto tempo a disposizione, con i tanti nuovi inseriti nel motore, rende indispensabile un rodaggio più lungo del previsto. Non ha il tempo per fermare la macchina e perfezionare i meccanismi, deve farlo in partita, correndo verso il successo a Marassi stasera dopo tre mancati tentativi. Che sono anche troppi per le ambizioni dichiarate e per quelle attribuite da tifosi e critica.
Infine c'è la f di fame che si può abbinare alla nuova Juventus di Andrea Pirlo, autore di una rifondazione tattica al buio (cambiati sistema di gioco e interpreti, perse alcune pedine, Cristiano Ronaldo compreso) della quale nessuno tiene conto e che richiede tempo, applicazione e il solito pizzico di fortuna senza il quale nessuna carriera può fare il balzo in avanti. Nemmeno quella di Andrea Pirlo che ne ha una, di calciatore, alle spalle di tutto rispetto, eccellente, dalle Champions milaniste fino al mondiale di Berlino.
Eppure non sarebbero sufficienti a risparmiargli stoccate e censure aspre se non dovesse scortare la Juve verso il decimo, come danno per scontato molti fan abituati della Continassa. Il Verona non è una partita comoda pur se preparata dal buon esito del giro di tamponi. Già perché parlare di fame a un gruppo reduce da grandi scorpacciate di scudetti non è proprio compito facile facile.
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