La luna di miele è già finita. I fedelissimi di San Siro, che sono sempre meno numerosi, a dispetto della partenza incoraggiante del torneo, hanno voltato le spalle al Milan di Inzaghi e l'hanno inchiodato al muro del pianto con una sequenza impietosa di fischi. È stata forse la sconfitta più amara della nuova gestione che ha puntato tutto o quasi sulla riconquista dell'affetto e della fiducia del popolo dei suoi tifosi, rimasto tiepido e lontano. Persino più pesante del risultato tecnico: 0 a 2 senza scampo, con Diego Lopez, il portiere al rientro, gran protagonista di interventi a ripetizione, senza ricavare dal successivo assedio sterile e compassato la minima occasione per rimettere in discussione la batosta, un soprassalto di emozione. Sorvolando sugli insulti del tweet di Salvini, segretario della Lega Nord e ultrà milanista («indossano indegnamente la maglia»), il web ha raccolto e rilanciato il solito armamentario di feroci critiche. Inzaghi ha aperto subito il suo ombrello tentando di tenere il gruppo al riparo dai fischi e non solo: «Mi assumo tutta la responsabilità». Qui, come in altre circostanze analoghe, si tratta solo di una scontata operazione mediatica al fine di riscuotere la stima e la riconoscenza dello spogliatoio.
Pippo e il suo staff in effetti hanno alcuni peccati da confessare e di sicuro ne hanno parlato, in un confronto schietto, durato tutto il tempo necessario, con Adriano Galliani che si è presentato a Milanello all'ora di pranzo, come nelle migliori tradizioni del club berlusconiano, in ufficio nei giorni più sereni, al fianco dei protagonisti nelle ore più complicate. Unico motivo di personale disappunto del dirigente la "boutade" del premio messo in palio per il terzo posto trasformata in notizia autentica. A sentire taluni resoconti, neanche il presidente Berlusconi ha tuonato da Arcore, durante il solito vertice familiare del lunedi.
Non sono mancate le spiegazioni di Pippo e dei suoi collaboratori.
Per esempio sul caso Alex, infortunatosi al 3° minuto, da cui è disceso l'arrivo in tutta fretta di Zapata, in crisi per la mancanza di riscaldamento adeguato. «Non era un infortunio prevedibile, Alex ha svolto il pre-partita, durato mezz'ora, senza avvertire alcun fastidio», la ricostruzione fornita dallo staff tecnico che ha curato quella parte della serataccia. D'accordo, sarà anche così ma un tecnico esperto ha il dovere di valutare la tenuta di un guerriero logoro come il brasiliano, già reduce da insulto muscolare a Parma.
Per esempio sulla condizione fisica del gruppo che ha patito, ancora una volta, la terza partita settimanale mostrando un collasso psico-fisico già dopo i primi 20 minuti.
Per esempio sul corto circuito verificatosi nel delicato meccanismo del gioco d'attacco che è sempre stato il fiore all'occhiello di Pippo, sbandierato in ogni circostanza per difendersi dalle censure, dai distinguo pelosi. Gli statistici hanno preso nota di sette tiri indirizzati in porta, complessivamente, tra Fiorentina, Cagliari e Palermo: che vuol dire, per amore di sintesi, 7 tiri, 2 gol, 2 punti miseri miseri raccolti nell'ultima settimana. E qui il modestissimo fatturato è conseguenza diretta della curva in discesa registrata da Honda, Menez, dallo stesso El Shaarawy, patita da Torres per il quale può essere accolta l'attenuante generica della mancanza assoluta di assist e giocate efficaci.
Di sicuro sono finite sotto la lente d'ingrandimento di Galliani e di Inzaghi, le parole spese da Ignazio Abate («non siamo più il Milan di 10 anni fa, facciamo un bagno di umiltà») confermate a distanza dalle impressioni di Diego Lopez, il portiere spagnolo («meglio trovare la Samp, se
sono avversari di spessore, giochiamo meglio»). Vogliono dire semplicemente che c'è stato anche un peccato di presunzione e che è già venuto meno quello spirito (aiutarsi l'uno con gli altri) lodato nelle prime settimane.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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