Milan più forte e più italiano. Ma il futuro è senza Inzaghi

Berlusconi perplesso su Pippo: "Speriamo maturi". Con Cerci e Destro cambiano pelle e tipo di gioco

Milan più forte e più italiano. Ma il futuro è senza Inzaghi

A gennaio è stato rifatto il Milan dell'estate. Un po' per migliorare la cifra tecnica del gruppo (Cerci invece di Torres, Destro invece di Niang), un po' per necessità, determinata dall'epidemia di infortuni degli ultimi mesi. Un mercatone da lode, allora, quello realizzato da Adriano Galliani che ha costruito un ponte sul futuro reclutando giovanotti in pieno sviluppo calcistico e prenotando il centrocampista di maggior interesse, Baselli dell'Atalanta, più un difensore (Munoz) a costo zero. Non solo: è diventato molto più italiano il Milan, secondo uno dei precetti del presidente Berlusconi, uscito con una rosa più numerosa del previsto anche a causa di un capriccio (Armero ha detto sì al Genoa troppo tardi) e di un insulto muscolare (Zaccardo, già sulla via di Parma per lo scambio con Paletta, fermato per il ko di Abate).

A questo punto, il Milan è pronto a cambiare anche pelle oltre che sistema di gioco. Perché, per esempio, Antonelli deve diventare la sentinella dell'argine di sinistra (De Sciglio è out fino al termine della stagione), così come Paletta sarà fisso al centro della difesa, cambierà il suo partner, Alex e Rami si daranno eventualmente il cambio. In attacco le novità più attraenti e decisive per sopperire alla mancanza dei gol, fin qui garantiti in esclusiva da Menez (12, di cui 6 su rigore). E non solo perché è arrivato Destro, già rincorso con puntiglio da Galliani a luglio, prima di aprire i cancelli di Milanello a Fernando Torres. Cerci, di fatto, sta incalzando e togliendo spazio a Honda per due motivi: perché ha dimostrato, contro il Parma, di avere gamba e condizione fisica e perché la sua resa, sul binario di destra è vistosamente superiore a quella sul fronte mancino. A parte Torino, serata contro la Juve (sarà assente per squalifica), Destro è il centravanti che Silvio Berlusconi e il Milan aspettavano da tempo: deve stare in area, vicino alla porta, per esprimere al meglio il proprio potenziale. Glielo ha ripetuto nel colloquio telefonico di domenica pomeriggio. E Mattia due palloni ha ricevuto e due volte è risultato un pericolo per Mirante. Bonaventura è capace di completare il puzzle disegnando quel 4-4-2 (due centrocampisti più Cerci e Bonaventura sui lati, Menez e Destro in attacco) che diventerà il punto di arrivo di Inzaghi.

Pippo non è mai stato saldo in sella e non solo per la striscia di risultati e perfomances deludenti, molto deludenti. Sono emersi dubbi e perplessità per la mancanza di gioco e la gestione del gruppo. Arriverà a fine stagione, in mancanza di altre umilianti sconfitte. Perciò la frase del presidente Silvio Berlusconi, all'uscita della cerimonia del Quirinale ieri mattina («Abbiamo speranza che Pippo Inzaghi possa maturare») è tutt'altro che un'apertura di credito.

La società è stata generosissima con lui, gli ha puntellato la difesa, gli ha fornito altre munizioni per l'attacco, ha fatto una scommessa sul futuro (Suso) pensando in particolare a un cambio di allenatore da realizzare a fine stagione. Il nome più accreditato (perché già nel mese di maggio disse sì a Galliani) è quello di Conte, già in rotta con i club per il no allo stage della sua Nazionale.

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