Milan, servono cuore e spartito più del colpo il commento 2

di Franco Ordine
Q uello che più inquieta del Milan di oggi, forse diverso, molto diverso da quello di domani, non è la sconfitta incassata nel trofeo Berlusconi. La distanza dalla Juve si è accentuata invece che accorciata dopo le cessioni di Thiago Silva e Ibrahimovic: alzi la mano chi si è meravigliato. Quello che più inquieta è la fragilità emotiva tradita dinanzi alle prime curve, alle prime difficoltà, ai primi ostacoli. Segno che quelle due partenze, al di là di ogni frase di facciata, a Milanello e dintorni, aggiunte all'addio dei grandi vecchi, sono state vissute come una rovinosa mutilazione provocando una sorta di rassegnazione anticipata. Così al primo errore, invece di vedere gli occhi della tigre si colgono quelli di un gattino spaurito. È questo il vero nemico da debellare dentro i cuori di coloro che avvertiranno ancora come un onore speciale la conferma nella lista definitiva del Milan della prossima stagione. Non devono sentirsi a bordo di una nave in disarmo ma coltivare il senso dell'appartenza e chiedere alle grandi motivazioni e all'orgoglio di bandiera le risorse migliori per trasformare probabili tormenti in mesi di soddisfazioni professionali. In questo senso la presenza di Cassano, fin qui depresso e taciturno, può davvero essere una complicazione invece che una risorsa.
Bisogna credere ciecamente in quello che si è e si fa, per uscire dalla mediocrità che sembra avvolgere le cupe previsioni e ritagliarsi un destino diverso. Basta poco per sovvertire pronostici e giudizi delle recentissime ore. Date un'occhiata alla resa di Constant, marchiato a fuoco dal flop genoano e alla prima di San Siro, già uscito fuori dall'anonimato. La rinuncia a Mexes invece ha motivazioni economiche: quel contratto faraonico fu sottoscritto in una diversa epoca. Quello che più inquieta del Milan di oggi e di quello che verrà domenica prossima con la Samp non è l'assenza di un campione reclamata a viva voce dalla curva sud e nemmeno il Borriello bollato come traditore della patria rossonera. No, quello che inquieta è l'assenza di una idea di gioco con cui sostituire i due grandi tenori partiti per Parigi e gli altri senatori andati in pensione.

È la forza dello spartito che deve rendere più sicuri gli interpreti di oggi alle prime armi. E qui tocca ad Allegri lavorare sodo, inventarsi una squadra moderna e coraggiosa. Non ci sono più prime donne da domare, semmai dei progetti di campione da rilanciare (Pato e Boateng).

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