Il mondiale di Rio è già una montagnail commento 2

Il mondiale di Rio è già una montagnail commento 2

di Franco Ordine
La strada per Rio 2014, il mondiale che ci aspetta la prossima estate, è già diventata una montagna da scalare. Non per effetto della secca sconfitta patita ieri sera all'Olimpico di Roma nella sfida che di solito inaugura la nuova stagione: qualche spiegazione razionale esiste (salute discutibile, cifra tecnica modesta, i pochi fuoriclasse della compagnia fuori dall'agone) e non bisogna arrampicarsi sugli specchi. È una montagna non certo per la contabilità del girone di qualificazione: da quel punto di vista la Nazionale ha i conti in perfetto ordine e nel mese di settembre può chiudere la vicenda col primo posto e col passaporto vistato per il Brasile. Allora i motivi di preoccupazioni sono altri e sono essenzialmente due: il curriculum dell'Italia di Prandelli al cospetto di rivali di gran nome, l'acerba prova dei giovanotti di maggior prestigio, da Verratti a Insigne. È vero l'Argentina è al quarto posto del ranking Fifa, fa parte della nobiltà mondiale, ha un ct, Sabella, molto criticato in patria ma molto astuto e molto preparato dal punto di vista tattico, dispone di un centravanti, Higuain (complimenti a De Laurentiis) che ha dato subito prova del suo enorme talento, e in società con Di Maria e Palacio può mettere in crisi rivali di maggior spessore, non solo la Nazionale. Eppure perdere puntualmente le sfide che contano non è un buon segnale, anzi può diventare un nervo scoperto. I numeri, nel calcio, sono spesso ossessivi: negli ultimi sette anni, in occasione dell'amichevole di metà agosto, il calcio italiano ha incassato un solo successo (a Bari contro la Spagna) e una preoccupante collezione di sconfitte. È un guaio se tutti dovessero considerarla una simpatica tradizione!
Nella costruzione ideale del ponte che parte dalla Confederation cup, passa attraverso Roma, ieri sera, e deve puntare all'appuntamento più atteso, il contributo degli ex under 21 può risultare fondamentale. E invece proprio la resa di Verratti (il sostituto scontato di Pirlo) e Florenzi nella ripresa devono aprirci gli occhi e far capire alla comunità che solo un utilizzo continuo e ripetuto in campionato e nelle coppe può far maturare questi frutti acerbi dall'albero di Cesare Prandelli. Insigne, già scaldato a dovere dal Napoli di Benitez, regala un lampo di luce, più deludente il contributo di Osvaldo. Come si intuì in modo inequivocabile a giugno scorso, in assenza di Mario Balotelli, e con Giaccherini e Candreva con poca benzina nel motore, l'attacco diventa impalpabile. Può diventare una notizia la traversa scheggiata, su punizione, da Diamanti, risorsa della panchina e niente di più.

Può procurare qualche sospiro di sollievo la perfomance di De Rossi da centrale nella difesa a 4 macchiata dall'errore del primo gol. Può rassicurare la prontezza di Marchetti, alter ego dell'eterno Buffon. Ma è ancora poco per riuscire a scalare la montagna di Rio 2014.

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