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Montreal 1976. L’ultimo oro di Dibiasi. Zanetti: "L’uomo meglio del campione"

Il più grande tuffatore di sempre chiude la carriera con l’ultimo oro. E Gualtiero Zanetti sul Giornale scrive: «Dopo l’argento di Tokio e i successi di Città del Messico, è arrivato il trionfo più sofferto: i giudici avevano eletto a proprio beniamino il sedicenne Louganis»

Il Giornale dello Sport del 30 luglio 1976
Il Giornale dello Sport del 30 luglio 1976

Klaus Dibiasi, oggi 69enne, è stato il più grande tuffatore italiano e uno degli uomini simbolo dello sport italiano. Ha vinto l’oro olimpico per tre volte consecutive a Città del Messico 1968, a Monaco 1972 e a Montreal 1976, il suo ultimo titolo olimpico, conquistato a 29 anni contro un altro mito, l’astro nascente Greg Louganis che dominerà la scena negli anni a venire. Ecco come racconta quell’ultima, memorabile, impresa il grande Gualtiero Zanetti (1922-1987) che prima di arrivare al Giornale, per il quale scrisse questo articolo, fu direttore della Gazzetta dello Sport, per dodici anni. .

«Che Klaus Dibiasi – ventinove anni, nato a Solbad Hall in Austria – abbia vinto la sua terza medaglia d’oro per i tuffi dalla piattaforma, è abbastanza normale, ma che ieri sera abbia rivelato doti umane d’eccezione è consolante perché significa che la pratica dello sport gli è servita a consolidare un carattere ritenuto incerto da bambino viziato, al quale è andato sempre tutto bene. Nei quindici giorni di permanenza in Canada Dibiasi si è visto cadere addosso inconvenienti ed incomprensioni come mai gli era accaduto in tanti anni di milizia sportiva. All’arrivo si accorse che la piattaforma del nuovo impianto era leggermente in salita a differenza di quelle precedentemente percorsa. Poi la gamba ha cominciato a dolergli: una tendinite che non si cura certo con la fatica e con l’umidità.

Sei giorni bloccato su un lettino dell’infermeria, col padre, che è anche il suo allenatore e la sua coscienza e che nel figlio fantasiosamente si identifica, a dirgli che nella vita non può essere tutto in discesa, che occorre temperamento, che non basta essere dei perfezionisti, insomma che lui, Klaus, essendo sul punto di mollare, stava per dimostrare di non avere la fermezza e la personalità di un uomo. Ed invece Klaus aveva soltanto male, non aveva l’intenzione di lasciare, anzi pretendeva di essere il portabandiera della squadra nella sfilata inaugurale, pur sapendo le insidie di quella massacrante passeggiata, con una bandiera in mano, che ad ogni ora che passa pesa un chilo in più. Certo potè trattenersi dal confessare che quando uno sta male (e non è mai stato male) non ha più ideali da coltivare, tanto meno sportivi.

A questo punto appare all’orizzonte il piccolo Gregory louganis un sedicenne targato Usa che pare fatto apposta per i giornalisti alla ricerca di un personaggio da inventare in un’Olimpiade che gradisce mitizzare bambini attraverso favole strappalacrime (...)Louganis sbaglia di pochissimo il tuffo più complicato. È l’unico piccolo errore della serata. Ed allora Dibiasi gli spara addosso quasi per finirlo con l’ultimo salto (il tre e e mezzo in avanti raggruppato) giungendo ad un complessivo 600,51 mai toccato ed imponendo ai giudici di assegnargli un dieci ed il titolo olimpico. Giurati e pubblico gettano a mare il povero Louganis e gratificheranno finalmente Dibiasi.

Ingiusti anche questa volta.Gualtiero Zanetti (30 luglio 1976)

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