Non dev'essere stato facile per il figlio di un monumento nazionale del pallone come Valentino Mazzola mettersi a fare il calciatore. Per giunta con fratello che, con gli scarpini e la sfera di cuoio, ci sapeva fare. Eppure lui, Ferruccio, c'era riuscito. Oggi il mondo del calcio è in lutto per la sua scomparsa. Figlio minore del grande Valentino e fratello di Sandro (Sandrino), bandiera dell'Inter, Ferruccio si è spento a 68 anni dopo una lunga malattia. Nato a Torino il 1° febbraio 1945, anche lui calciatore (poi allenatore), giocò nell'Inter, nella Fiorentina e nella Lazio. Con i biancocelesti vinse lo scudetto nella stagione 1973-74
Da allenatore Ferruccio vinse con il Siena il campionato di serie C2 (1984-1985) e ottenne una promozione, sempre in C2, con il Venezia (1987-1988). La Lazio, in una nota sul proprio sito internet, lo ricorda così: "Si unisce al cordoglio della famiglia Mazzola per la scomparsa di Ferruccio, ex centrocampista biancoceleste dal 1968 al 1971 e dal 1972 al 1974".
La denuncia del doping
Nel 2004 Mazzola pubblicò un libro, "Il terzo incomodo", nel quale rivolgeva una serie di pesanti accuse al mondo del calcio, facendo riferimento all’abuso di pratiche dopanti negli anni Sessanta e Settanta. Nel mirino di Mazzola finì Helenio Herrera, il Mago dell’Inter di papà Moratti, reo a suo avviso di distribuire a titolari e riserve delle pasticche (Mazzola parlò di anfetamine) capaci di aumentare le loro prestazioni. Le accuse rivolte all’Inter e a quel ciclo leggendario della sua storia portarono Ferruccio a rompere i rapporti con il fratello Sandro e con il club nerazzurro. Nel mirino di Mazzola finirono anche Fiorentina, Lazio e Roma.
Gli ultimi anni allenando i ragazzi
Mazzola ha vissuto a Roma, dove negli ultimi anni ha allenato i ragazzi della Borghesiana, la squadra del suo quartiere.
Dal 2005 è stato presidente dell’associazione Futursport International, che si occupa, tramite lo sport, del recupero di adolescenti in stato di disagio sociale che si distinguono nell’attività calcistica. Dal 2006 è stato attivo anche nell’Associazione vittime del doping fondata dai familiari di Bruno Beatrice, e successivamente è stato osservatore per il Treviso.
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