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Morto Sanson, re dei gelati sempre sui pedali

Piccolo, scattante e geniale come pochi, con una passione profonda per lo sport e i piaceri della vita. Teofilo Sanson, morto venerdì pomeriggio all'età di 86 anni, ha cominciato a pedalare giovanissimo, come tanti ragazzini della sua generazione. Veneto di Conegliano, torinese per un po': giusto il tempo per farsi strada con il suo triciclo, con il quale ha cominciato a vedere gelati.
Nella sua azienda a Colognola ai Colli campeggiava una sua foto dei tempi in cui vendeva gelati con il carrettino. Ne andava orgoglioso: «Solo se si ha voglia di pedalare si può arrivare al traguardo…», diceva compiaciuto uno degli industriali che hanno fatto grande Verona e l'Italia nel mondo.
Quando nel 1986 venne nominato Cavaliere del Lavoro, il suo gruppo fatturava oltre 96 miliardi di lire, con 220 persone addette. Nel 1988, l'azienda finì in mano agli americani del fondo Beatrice. Poi nel 1994, con l'aiuto dell'amico Leonardo Del Vecchio di Luxottica, Teofilo riuscì a riprendersi l'azienda, che cedette definitivamente alla Gran Milano del gruppo Barilla nel 2000. Nel 2008 Sanson passa a Sammontana, ma nel 2012 - pur mantenendo in vita lo stabilimento veronese - decide di togliere lo storico marchio dal mercato.
Oltre che per i gelati, Sanson si è fatto apprezzare e amare per la sua grandissima passione per lo sport. Prima il calcio: nel'76 rileva l'Udinese, che sotto la sua presidenza sale dalla serie C alla A. Successivamente è anche patron del Conegliano Calcio, del Chioggia Sottomarina, della Pallanuoto Civitavecchia, del Rovigo Rugby, con cui vince due scudetti. Ma la sua vera passione è il ciclismo. Prima con Italo Zilioli, poi con Francesco Moser.
«Ho un solo rammarico - ricorda oggi Francesco che con la maglia della Sanson corse dal '76 all'80 e vinse un mondiale e tre Roubaix consecutive -: non aver vinto il Giro d'Italia con il suo marchio. Vinsi nella sua Verona con quella della Gis Gelati di Scibilia, un suo concorrente, ma nonostante questo non ha mai smesso di volermi bene e fare il tifo per me».
Geniale, Teofilo. Prima di altri aveva infatti compreso come lo sport potesse essere un importante veicolo commerciale e pubblicitario.

Trovò un falla regolamentare (in serie B, stagione '79-80) e appose il suo marchio sui calzoncini dell'Udinese. «Pagai 50 milioni di multa, ma ebbi un ritorno d'immagine e pubblicitario cento volte maggiore…», raccontava orgoglioso a chi glielo ricordava. Anche quella volta pedalò davanti a tutti.

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