Prima di andare a Siena dove stasera, ore 20.30, diretta su Rai Sport 2, si giocherà forse la partita scudetto per il basket, fra i detentori di una società fallita e l'Emporio Armani, siamo passati al Poly Art di Rovereto dove Paolo Conti scultore e pittore, ex cestista bolognese, classe 1938, 25 maglie azzurre, stella per Motomorini, Virtus, Varese, Gira e Forlì, è pronto ad inaugurare la sua mostra chiamata Labirinto.
Cercare fra i suoi prigionieri dello spazio la storia di questo campionato iniziato con un solo padrone, l'Emporio di Armani, ed arrivato alla fine con la possibilità di un rivoluzionario epilogo. Eh sì. Siena, vincitrice degli ultimi sette scudetti, condannata a chiudere per bancarotta alla fine di questa stagione, si trova, come l'armata dei sonnambuli, vicinissima al risultato che nessuno, noi per primi, poteva immaginare.
Deve vincere, però, la partita di stasera, la più difficile per chi ha una squadra senza domani, con la panchina corta, con l'unico grande vantaggio che sa giocare una buona pallacanestro. Fino al successo in gara cinque, nel Forum di Assago ribollente, il suo percorso labirintico nel cervello della sfida sembrava abbastanza facile: dominata nelle prime due partite in casa della squadra a cui aveva dato l'allenatore e tre giocatori importanti come Moss, Kangur e Hackett, si è ripresa i negativi delle sconfitte e in casa ha pareggiato il conto, fino all'impresa di lunedì sera quando, per la terza volta consecutiva ha battuto la grande Milano, ma, soprattutto, l'ha tenuta sotto i 70 punti, al casello del veleno.
Una prova di squadra esaltata da Othello Hunter che tre anni fa giocava a Sassari e poi è andato ramingo per il mondo, passando per Cina, Ucraina e Spagna, raggiungendo Siena dopo una toccata e fuga a Jangsu e poi nei campi di selezione della Nba dove questo bel saltatore di Winston Salem, alto soltanto 2.03, non è stato preso. Lui che era stato stritolato da Samardo Samuels in gara due si è ripreso lo scettro. Ora le cose cambiano come direbbe Papà Duchesne perché la squadra più ricca del campionato, quella che è davvero un peso massimo messa sul quadrato con dei piuma o, al massimo, dei medi, non può aver subito il colpo di grazia in gara cinque.
Luca Banchi, l'allenatore che voleva cambiare la mentalità del gruppo, lavorando sulla squadra, senza privilegi, anche se i suoi assi chiedevano sempre aiuto, ricevendo in cambio assurdi messaggini di solidarietà, l'anno scorso costruì la sua gloria fino al settimo scudetto consecutivo di Siena vincendo le sfide alla settima partita. In quel modo eliminò proprio l'Emporio di Scariolo, alla stessa maniera mise fuori gioco la Varese di Vitucci che fino a quella sfida sembrava il prescelto da chi dirige da 10 anni le operazioni in casa milanese. Poi si conquistò il titolo con un perentorio 4-1 contro Roma.
Ora la strada sembra più difficile, ma considerare Milano spacciata sarebbe il più grave degli errori per Siena dove il vero demiurgo si chiama Marco Crespi, 17 anni di vita con la società che oggi sfida per toglierle lo scudetto che sembrava già assegnato, un generale arguto che proprio Banchi avrebbe voluto come assistente trasferendosi a Milano, scoprendo poi che l'offerta della real casa era così bassa da non poter essere presa in considerazione.
Milano è caduta male nel momento stesso in cui il bene comune è passato in secondo piano. Una scollatura interna che ha fatto diventare parenti serpenti giocatori che si passano malvolentieri la palla, rendendo fragile la difesa come scherza l'ex azzurro Matteo Soragna nei suoi cinguettii chiedendosi se Samuels, ma non soltanto lui, per la verità, per contratto, non può fare un aiuto difensivo. Stasera vedremo di che pasta sono fatti davvero questi giocatori in occhiali scuri firmati. Hanno un potenziale superiore, di solito, non avendo voglia di giocare insieme, se la cavano con alte percentuali di tiro.
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