Sarà, ma fino a questo momento la ruota gira sempre e solo da una parte e non è da quella del nostro Vincenzo Nibali. Dopo la caduta nella tappa della Zelanda, domenica scorsa, il campione d'Italia è rimasto nuovamente coinvolto - suo malgrado - in una caduta che fortunatamente non gli ha procurato danni, ma certamente gli ha minato ulteriormente il morale. L'unico aspetto positivo della cosa, oltre a non aver riportato danni fisici, è quello di non aver perso terreno, visto che la caduta (provocata dalla maglia gialla Tony Martin, per lui frattura della clavicola e abbandono forzato della corsa) è avvenuta all'ultimo chilometro quindi, coma da regolamento, il tempo è stato "congelato".
A vederlo oggi non sembra assolutamente il Nibali di un anno fa. Intanto perché un anno fa, esattamente ieri, si era sulle pietre della Roubaix, in una giornata da tregenda, carica di fango, pioggia e vento. Nibali, che era già in giallo (dalla 2ª tappa, a Sheffield), quel giorno sbaragliò il campo, lasciando a bocca aperta il mondo e gettando le basi per il trionfo di Parigi.
Dodici mesi dopo Nibali non veste la maglia gialla, e il suo sorriso è amaro. «È così, non posso dire di essere fortunato - ci dice il siciliano dell'Astana -. Questo è però il ciclismo».
Dopo una buonissima cronometro ad Utrecht, dove Nibali - in quei 14 km contro il tempo - guadagna qualche secondo su tutti i suoi diretti avversari, in riva al mare della Zelanda, su quelle strade tagliate dal vento e rese viscide dalla pioggia, lascia per strada quasi 1'30". Non lo dice, il siciliano, anche perché ai diretti interessati l'ha detto chiaramente e senza tanti giri di parole domenica sera, dopo la disfatta olandese, ma sul banco degli imputati finisce la squadra, e in particolare due pedine fondamentali e strategiche scelte apposta per questo tipo di tappe del nord come Liewe Westra e Lars Boom.
C'è chi punta il dito anche sulla protezione messa in atto in favore di Vincenzo. Mentre gli Sky di Froome o i Tinkoff di Contador viaggiano in gruppo compatti, assumendo una posizione a testuggine, gli Astana li si vede tutti sparpagliati e Nibali quasi sempre isolato, solo con un compagno di squadra a disposizione alle spalle. Questo ai più può apparire come il manifesto di una squadra poco coesa e alla deriva, ma così non è. È semplicemente una scelta tattica, come difendere a zona o a uomo. In caso di caduta, un capitano che ha al proprio fianco tutto il suo gruppo, rischia davvero di finire per le terre lui e tutti i suoi fedelissimi. Sparpagliando le carte, è come diversificare il rischio.
«Le critiche noi le accettiamo, fanno parte del gioco - ci dice Beppe Martinelli, tecnico di lungo corso dell'Astana -, ma la vera Astana la vedrete in montagna», assicura.Ma Vincenzo arriva a Le Havre non è il manifesto della serenità. E lo si può capire.
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