M arcello Nicchi è rimasto sul trono dell'Aia, l'associazione degli arbitri italiani. Robert Boggi, lo sfidante, che lo aveva accusato di «comportarsi come Luigi XIV, come un monarca assoluto», non è riuscito a capovolgere il pronostico. 208 i voti collezionati dal presidente uscente, toscano di Arezzo, 119 quelli del rivale che aveva puntato tutte le sue carte sulla voglia, e necessità, di cambiamento da parte dell'associazione attraversata da un forte dissenso. Solo all'immediata vigilia del voto, la procura federale ha deciso di archiviare il procedimento disciplinare neri confronti di Boggi, messo in stato di accusa per aver espresso un feroce giudizio sul conto di Nicchi. Si sa: in campagna elettorale tutto è concesso.
Solo 5 le schede bianche, segno di una platea divisa secondo un orientamento preciso: la maggioranza è rimasta col monarca Nicchi, la minoranza col rivoluzionario Boggi. Come un autentico monarca, Nicchi si è comportato anche dopo, a scrutinio concluso. «Nel 2016, quando mi ricandiderò, spero che chiunque possa fare il presidente» ha annunciato. Bisognerà prepararsi al peggio, allora. Anche se l'interessato ha già dribblato la battuta facendo ricorso all'incipit utilizzato da Obama, «il meglio deve ancora venire». Con la rielezione in tasca, e il trono al sicuro per altri quattro anni, Nicchi ha provato anche ad alzare la voce. «Ora tutti si rimettano in ordine, mi riferisco a Leghe, tv e giornali, io gli arbitri non li abbandono: sbaglieremo ancora, speriamo poco, ma questa Aia è una delle migliori al mondo». Sulle leghe risponderanno altri. Sui giornali, per la piccola parte che ci compete, possiamo rassicurarlo: non ci faremo mettere in riga da Nicchi. Che continui a difendere gli arbitri, è un dovere di ufficio. Che invece possa e debba lavorare sodo per migliorare la resa della squadra, affidata alla discutibile regia del designatore Braschi, è altrettanto indiscutibile. E sono questi i problemi che un presidente dell'Aia che non si senta monarca deve provare a risolvere nei prossimi anni.
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