Coronavirus

Da no-vax ad "untore": quanti positivi da Djokovic

Dopo Dimitrov, Coric e Troicki (e moglie): coi coach 6 casi nel torneo di Nole che disse: "Vaccino mai..."

Da no-vax ad "untore": quanti positivi da Djokovic

Era una bella giornata di sole a Zara, Croazia. Bel gioco, grandi campioni, molta gente sugli spalti. Perché si sa, non si può costringere il tennis a seguire le regole, soprattutto se è il suo numero uno a non volerlo. L'Adria Tour è solo un'esibizione per rimettersi in pista, prima puntata a Belgrado e seconda a Zara appunto. Peccato sia finita qui, visto che il suo organizzatore e finalista Novak Djokovic è dovuto correre a casa. Dopo che quattro finora protagonisti hanno annunciato la positività al coronavirus. Quello per cui, secondo Nole, non vale la pena di essere vaccinati.

Insomma, il primo no-vax che diventa untore è uno degli uomini più potenti di quelli che contestano. Diciamolo: è stato sicuramente involontario. Però, come ha commentato perfino il bad boy delle racchette Kyrgyos, «organizzare il torneo così è stato stupido». Va bene che era anche per beneficenza, ma la prima cosa che viene in mente, vedendo Goran Ivanisevic direttore della tappa di Zara annunciare al pubblico che la finale tra il Djokovic e Rublev non ci sarebbe stata causa Covid, è che il serbo se la sia andata un po' a cercare. Pensiero cattivo? Forse. Però...

Riassunto delle puntate precedenti. Gli organizzatori degli Us Open fanno sapere che a fine agosto si giocherà ma con regole ferree: senza pubblico, ogni tennista può arrivare con un solo accompagnatore, tutti staranno in albergo al Queens e quindi le cene a Manhattan se le possono scordare. In più, quando arriverà il vaccino, le organizzazioni che comandano il tennis chiederanno agli atleti di farlo. Djokovic, capopopolo via Instagram tra una lezione di meditazione e l'altra, annuncia che lui al vaccino manco ci pensa e che a New York così non ci andrà. Seguono schermaglie, ma intanto ecco l'Adria Tour, torneo esibizione organizzato dal medesimo e dalla sua dolce metà Jelena. Prima tappa (Belgrado) tutto bene, seconda (Zara) il patatrac. Quando Grigor Dimitrov rivela via social di essere positivo al virus. Con una formula tipo «state sereni», che poi userà anche Borna Coric. Amici di campo e discoteca (e anche di partite di basket e incontri in piazza coi tifosi) a cui si aggiungono poi Marco Panichi (uno degli allenatori di Djokovic), Christian Groh (allenatore di Dimitrov) e in serata Viktor Troicki e sua moglie Aleksandra incinta, più l'autoisolamento forzato per Marin Cilic. In attesa che le autorità croate perfezionino i controlli sui presenti (e il pubblico numeroso), compreso il primo ministro Andrej Plenkovic.

La morale? Dire che Djokovic sia un untore è esagerato, ma affermare che dovrebbe tornare più tennista che santone forse sarebbe un consiglio apprezzabile. Che naturalmente lui non apprezzerebbe, visto che pare non abbia voluto fare il tampone di controllo. Però - ragionando sul tennis, lo sport e dintorni è l'ora di capire quale sia la strada: se il virus è ancora pericoloso, allora è impossibile provarci. Se invece, come hanno detto Dimitrov e Coric (e come convengono molti scienziati anti esibizionisti), «non vi preoccupate, non abbiamo sintomi», allora va trovata una soluzione ragionevole. Che non sia per esempio far allenare i calciatori tutta la settimana insieme e poi mandarli in panchina con la mascherina tanto per mettersi la coscienza a posto. E compreso, una volta pronto, fare il vaccino.

Senza fare i guru.

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