RomaMeno possesso palla, più pericolosità. Grande personalità, intraprendenza e capacità di soffrire. Il tutto impreziosito da giocate importanti che culminano con le azioni dei tre gol. È la Roma di Zeman che per una volta, forse la prima nella sua carriera, ha anche rinunciato al suo marchio di fabbrica, il 4-3-3, riconsegnandosi a un campione piuttosto che a un modulo. In dieci, tra cui molti giovanissimi, più Totti nel ruolo per lui più naturale, a tutto campo, capace di scegliersi la posizione e i tempi giusti per confermare la sua classe.
«Sono 15 anni che dico che è un giocatore importante, un fuoriclasse, sono contento che sta bene, ha fatto tutta la preparazione al meglio e i risultati si vedono», ha spiegato ieri Zeman in Campidoglio dove ha ricevuto il premio Sportivo d'Elite «Avversari sì, nemici mai», conferito ai protagonisti dello sport impegnati nel sociale. Non è casuale che poche ore prima allo stadio di Milano ci fosse stato lo striscione dei tifosi dell'Inter («Zeman, icona del calcio pulito»), gesto gradito dal boemo.
Gli elogi a Zeman piovono copiosi dopo l'impresa di San Siro: dal ct azzurro Prandelli («vi assicuro che sui tavoli di Coverciano ancora oggi si studiano le strategie basandoci sui suoi appunti»), a Carletto Mazzone («alla Roma ha portato qualità e tecnica») fino all'ultimo arrivato nell'Italia dei grandi, quell'Insigne da lui allenato a Pescara: «Sono qui perché ho fatto bene con lui che mi ha insegnato tantissimo, quest'anno i giallorossi possono fare cose importanti».
E intanto nella mente dei supporter romanisti riaffiora la speranza che l'utopia zemaniana possa tradursi in risultati concreti duraturi e non sia il sogno di una notte di mezza estate. La febbre Zeman sulla sponda giallorossa della Capitale è altissima. Il boemo ha subito rilanciato le quotazioni giallorosse, un po' in flessione dopo il mezzo passo falso con il Catania all'esordio: «È normale che all'inizio del campionato nessuna squadra è al massimo, si dice che abbiamo sbagliato la prima ma per me non abbiamo fatto nemmeno tanto male - così Zeman -. Abbiamo preso due gol in fuorigioco che hanno influito sul risultato, e se si vinceva nessuno diceva che eravamo in crisi».
Di certo, dopo le reti con cui Florenzi, Osvaldo e Marquinho hanno messo ko l'Inter, nessuno parla più di una Roma balbettante. Anzi, per la tifoseria la sfida alla Juve è già partita. «Noi antagonisti per lo scudetto? È presto per dirlo, di certo vogliamo competere e giocarci il nostro campionato - ha tenuto a precisare Zeman -. Mi auguro che riiusciremo a essere i disturbatori del campionato».
Il tema arbitri resta caldo per Zeman, inevitabile quindi parlare dell'argomento e dell'espulsione di Osvaldo, anche se non risparmia una bacchettata al suo giocatore: «Lui ha calciato a gioco fermo e si è preso l'ammonizione, ma nel primo tempo lo ha fatto anche qualche avversario (Cassano, ndr) e non è successo niente. Poi forse se Osvaldo protesta meno durante la partita risulta meno antipatico agli arbitri... Comunque, si parlerà sempre di loro e ci sarà sempre da ridire perché sono importanti, sono le persone che fanno le partite, e in certi casi aiutano una squadra piuttosto che un'altra».
E intanto l'eco del netto successo è arrivato fino a Boston: il neo presidente James Pallotta si è gustato davanti alla tv la sfida di Milano ed è pronto a sbarcare nella Capitale ad ottobre (probabilmente dopo la seconda sosta del torneo) per poter partecipare dal vivo alle emozioni del luna park «Zemanlandia». In attesa della costruzione del nuovo stadio, uno dei cardini del progetto americano.
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