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Non solo Maldini: trionfa Van der Poel figlio di Adrie e nipote del mito Poulidor

Dal calcio al ciclismo, la terza generazione di fenomeni «parenti di»

Non solo Maldini: trionfa Van der Poel figlio di Adrie e nipote del mito Poulidor

Buon sangue non mente, lo si sa, ma la verità è che poi devi metterci del tuo. Non basta il gene, la gamba e il cuore, ci vuole tanta testa e quella voglia di arrivare che fa di un buon atleta un campione.

Daniel Maldini è la terza generazione che avanza e scorrazza sui prati d'Italia e si spera anche su quelli del mondo. Ha fatto il suo esordio in serie A domenica scorsa, a 18 anni. Stessa maglia di nonno Cesare e di papà Paolo, quella del Milan, per i risultati bisogna portare pazienza.

Dai prati del calcio a quelli del ciclocross, anche se Mathieu Van der Poel che di anni ne ha già 25, non è una speranza, ma già una celebrità. È il simbolo della terza generazione che si afferma e si affranca. Ha confermato domenica scorsa a Dubendorf, in Svizzera, il titolo di campione del mondo per la terza volta, la seconda consecutiva. Figlio di Adrie Van der Poel, campione olandese a cavallo degli Anni Ottanta e Novanta, con una maglia iridata del cross, oltre a cinque argenti e un bronzo, il Giro delle Fiandre 1986, la Liegi-Bastogne-Liegi '88. Mathieu è anche nipote di Raymond Poulidor, leggenda del ciclismo degli Anni Sessanta, con i suoi 8 podi al Tour de France senza vestire mai una maglia gialla. L'eterno secondo, il più amato di Francia, seppe però più volte arrivare primo: una Sanremo, una Vuelta, otto tappe al Tour, in totale «pou pou» contò la bellezza di 189 vittorie.

Mathieu non è un eterno secondo, ma è destinato a diventare eterno. Talento purissimo, smisurato, incurante di avversari e superfici sulle quali far scorrere veloci le sue ruote gommate, il ragazzo va forte dappertutto: strada, cross e mountain bike. Se non si fosse fatto prendere dalla sua straripante forza, ai recenti mondiali su strada di Harrogate, Mathieu avrebbe quasi certamente messo tutti nel sacco (Trentin arrivò secondo, ndr). Invece, sul più bello, ad una decina di chilometri dal traguardo - come si dice in gergo - gli si è spenta la luce per una improvvisa crisi di fame.

Domenica non c'è stata invece storia. «Quando ho accelerato, mi è sembrato di avere le ali», ha detto il ragazzo al termine del suo show, con tanto di inchino finale a pochi metri dal traguardo. «È un ragazzo di un altro pianeta - ci spiega Vito Di Tano, due volte iridato del cross - Nel mondo del ciclocross è una star assoluta, perché oltre ad essere forte ha presenza scenica, al pari di un Valentino Rossi o di un Peter Sagan.

Ma Mathieu ha qualcosa di unico. È capace di primeggiare in tre specialità». È il simbolo di una nuova generazione di ciclisti tuttocampisti. È il manifesto della Generazione 3.0, quella dei figli di che possono fare meglio di padri, madri e nonni. Su strada debutterà in Portogallo alla Volta Algarve, poi verrà da noi a correre le Strade Bianche e la Milano-Sanremo. Il sogno si chiama Roubaix.

«È la corsa meno ciclistica che ci sia, quindi è perfetta per me», va ripetendo il ragazzo che in sella alla sua bicicletta sa fare di tutto, e come nessun altro.

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