«Lavoro per rinforzare il club». Parole di Massimo Moratti qualche giorno fa e, nonostante le smentite di facciata, per lui questo vuol dire usa cosa sola: tornare. Mentre Thohir insomma fa sapere di essere all'opera per cedere una quota di minoranza, Moratti intanto lavora a un piano B che adesso ha una scadenza: giugno. E le indiscrezioni intorno a lui diventano ogni giorno più precise. Come ha anticipato il Giornale il 26 febbraio, le conferme sono due: il desiderio di Moratti di riappropriarsi della sua creatura (da qui il passaggio dal «se serve mi faccio da parte» di fine 2015 alla frase di cui sopra) e la voglia di Thohir di sistemare un'operazione che comincia a costargli troppi soldi e troppe incertezze. Intendiamoci però: quella dell'imprenditore indonesiano non è vista come un fallimento. Certo, la mancata qualificazione alla Champions peserebbe molto nelle casse nerazzurre, ma Thohir ha fatto esattamente quello per cui era stato cercato: ha svuotato l'Inter dei suoi troppi dipendenti, ha sensibilmente abbattuto il monte ingaggi dei giocatori, ha ringiovanito (e non poco) la rosa della squadra. E guardando bene nel bilancio della società si scopre che i parametri fissati dal fairplay finanziario non sono così lontani dall'essere raggiunti, anzi. Però adesso ci vuole un passo ulteriore e Thohir da imprenditore non si sente più di farlo, mentre Moratti da presidente sì. O meglio: non da solo ma di nuovo in testa a tutti.
Ed è qui che lo scenario si fa sempre più concreto. Il via libera all'Operazione Ritorno è stato l'annuncio del rinnovo della partnership con Pirelli, avvenuto improvvisamente a febbraio con notevole ritardo e dopo mesi di tentennamenti. Thohir a gennaio aveva già fatto presente a Moratti della necessità di rientrare da una parte dell'investimento (la cosa non era stata gradita) e così, tramite Pirelli, ecco ChemChina, i nuovi proprietari del marchio italiano e soci di Marco Tronchetti Provera. Se Thohir dunque arriva a trattare con il colosso dell'elettronica Suning, Moratti comincia a elaborare il suo piano: si parla dell'acquisto del 25%, che sommato al suo 29,5% fa maggioranza. E con la richiesta che l'ex presidente torni a capo della società, come garanzia. Questo è «rinforzare il club», con un ulteriore piano nel caso in cui Thohir decidesse di defilarsi: un fondo amico del Kuwait, già in affari con la Saras, sarebbe pronto ad investire nell'Inter. Già, la Saras: l'azienda dei Moratti che, dopo gli accordi con i russi di Rosneft, non è più legata a doppio filo contabilmente parlando - con l'Inter, ed ha ricominciato dopo 7 anni a produrre dividendi. Quei dividendi che sono stati storicamente il borsellino di Massimo per fare grande la sua Inter. E la squadra? Roberto Mancini resta la prima scelta per la panchina, ma non è sicuro che non decida di mollare dopo un anno così travagliato (le recenti parole di Stankovic al riguardo suonano profetiche). Ecco allora che l'obbiettivo diventa Diego Pablo Simeone.
Il Cholo che qualche segnale ha già mandato dopo essere stato è notizia - già sondato. Arriva Banega (suggerito da Moratti), potrebbe partire Handanovic (una clausola nel contratto che glielo permette), piace Perin, infortunio di ieri permettendo. E per sopperire alla possibile partenza di Icardi (mancata la Champions League, il ricavo dalla sua cessione quest'anno è un'occasione troppo ghiotta) Moratti ha una pazza idea: rivedere Ibrahimovic all'Inter, anche a 35 anni, anche per vincere subito un personale nuovo derby col Milan. Lo svedese non sarebbe contrario e a Moratti pare lo abbia già detto mesi fa: basta pagare (e super bene) il suo stipendio, visto che il cartellino è a costo zero. Ovvio: ci sarebbe Mino Raiola, il suo manager che da anni non frequenta più Appiano Gentile.
Ma esperienza insegna - non è un problema insormontabile quando i soldi tornano a girare. Insomma: questo è il puzzle di Moratti, che ogni giorno ha un pezzo in più. Giugno non è lontano per scoprire se verrà completato.
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