Uno Javier Zanetti scatenato, lontano dall'accademico ruolo di vicepresidente che gira a ruota, sempre un passo dietro, sorridente e praticamente inutile. Anche Saverio sorride, ma sorride alla sua vita, tanti bambini, la Fundacion Pupi per i meniños de rua di Baires punta dell'iceberg, padrone di casa con Andrea Bocelli dell'evento a favore dell'educazione dei bambini dell'America Centro meridionale in prima serata su Canale 5. Sensibile, religioso, stimato, faccia pulita, in Cina ha appena aperto la terza Inter Academy Yihal Beijing con un partner prestigioso come Yihai Group in prima fila nello sviluppo educativo delle nuove generazioni. Dopo Shangai e Pechino, un altro lungo passo per la crescita del calcio giovanile da quelle parti, tre giorni full immersion, 30 scuole, 5mila ragazzi coinvolti, l'occasione per trasmettere i giusti valori del calcio e Zanetti lì per crescere con loro. Assieme a un'infinita voglia di giocare: «Sì, è vero. Ma ormai ho smesso».
Un dirigente famoso per essere stato una leggenda.
«Una passione indescrivibile, in Cina hanno tanta voglia di entrare nel calcio, all'aeroporto c'erano migliaia di bambini con la maglia dell'Inter che mi aspettavano. Ed erano le cinque del mattino. Mi hanno accolto come ambasciatore del calcio italiano e questo mi ha commosso e riempito di orgoglio. Ma senza rimpianti, ho fatto la mia carriera, oggi forse raccolgo quanto ho fatto di buono».
Ma il 28 maggio a San Siro non giocano né Inter né Milan.
«Sarà ugualmente uno spettacolo e io non so cosa avrei dato per esserci».
Presente?
«Certamente, io e Paolo Maldini porteremo in campo la Champions, la coppa, anche questo mi riempie di orgoglio, al fianco di un'altra leggenda del calcio».
Qual è la prima sensazione?
«Tutto il mondo guarderà San Siro, il mio stadio, un'occasione per iniziare a risalire, per le due squadre, per questa città meravigliosa».
La Uefa si è lamentata del campo. Il restyling è a buon punto?
«San Siro sarà prontissimo, Milano non fallisce certi appuntamenti. Sarà una finale di Champions league fantastica, Milano stupirà il mondo. E poi San Siro sarà ancora più bello. Avanti insieme, con il Milan».
E poi?
«E poi Madrid. Ogni volta che si avvicina la data di una finale di Champions league mi torna in mente la finale del 2010 al Bernabeu. Un insieme di facce, cose, tensioni, odori. Del resto come è possibile dimenticare un giorno come quello».
C'era Josè...
«Mourinho verrà alla nostra serata con Bocelli. Lui sapeva come tenere insieme un gruppo. Solo chi ha vissuto una finale di Champions può capire certe emozioni. Incancellabili, e poi l'abbiamo anche vinta. Io l'ho sollevata».
Cosa c'era in quella squadra che non è presente in questa».
«L'attaccamento alla maglia, l'idea di giocare in un gruppo e non singolarmente».
Si riferisce a quelli a cui lei si è rivolto ultimamente? Che reazione c'è stata nello spogliatoio?
«Io avevo fatto un discorso generale, non volevo fare nomi e non ne ho fatti. Ognuno sa come si è comportato durante la stagione, non c'è bisogno che glielo ricordi Zanetti».
Qual è il problema principale?
«I nuovi arrivati. Chi viene a giocare nell'Inter deve innanzitutto rispettare la maglia. Chi arriva ad Appiano deve recepirlo in modo chiaro, deve capirlo. Questo è il primo passo per entrare nella squadra e nel cuore dei tifosi, questo è il modo più semplice anzi l'unico per mostrare rispetto».
Quindi quest'anno pochi nuovi e nessuna rivoluzione?
«Non se ne parla. Un po' per il fair play finanziario e poi anche perché esiste una base solida da cui partire. Del resto non possiamo permetterci il grande campione»
Lo sa anche Mancini?
«Con Roberto non ci sono mai stati problemi, c'è un grande progetto di crescita e lui c'è dentro. Uscivano delle notizie ma noi siamo sempre rimasti sereni, la società non risponde, è una regola dell'Inter».
Ci sarà anche il presidente Thohir alla finale?
«Sì. E probabilmente anche qualche cinese».
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