Ovunque è assedio finale, un virus da stroncare il commento 2

di Franco Ordine
L e cattive abitudini fanno presto il giro del calcio italiano. Il contagio, vizioso, è sotto gli occhi di tutti. E nessuno può volgere lo sguardo da un'altra parte. Basta osservare quel che accade tra Torino sabato notte e Bergamo, ieri pomeriggio, per capire l'antifona, per tacere di altre proteste e zuffe finali. E allora è il caso di sollecitare un intervento non banale al fine dichiarato di stroncare la nuova moda. Nella bolgia dello Juventus stadium Antonio Conte si segnala per l'ennesimo assalto all'arma bianca nei confronti del gruppetto di arbitri e assistenti. È vero: su quel tocco di mano di Granqvist, la discussione è aperta ed è forse indispensabile che dal vertice tecnico degli arbitri, Collina e non solo Collina, anche Braschi magari se possibile, vengano istruzioni univoche e precise. A provocare polemiche e veleni è la disparità di trattamento: rigori fischiati per un tocco involontario, gol concessi per un mano decisivo nell'addomesticare il pallone (Floccari). Eppure sarebbe imperdonabile strabismo dimenticare nel frattempo il braccio di Vucinic ignorato dallo stesso arbitro oppure derubricare l'accusa velenosa di Marotta indirizzata alle origini anagrafiche dell'arbitro Guida come uno sfogo naturale, l'epilogo a un pareggio inatteso. No, non si può più far finta di nulla. Qui è il caso di intervenire e di stroncare un paio di cattive abitudini. La prima: assediare il sestetto arbitrale a fine gara per rivendicare chissà quali torti subiti, scena ripetuta ieri in giro per tutto il campionato. Abitudine che dev'essere debellata se vogliamo garantirci una seconda parte del campionato al di sopra di ogni sospetto.
Le cattive abitudini riguardano anche il tema odioso del razzismo. Immaginiamo già le colate di ipocrisia relative ai buu lanciati come pietre sulla sagoma del francesino Niang (18 anni) abbattuto da Carmona ai limiti dell'area di rigore atalantina: gli appelli pubblici eseguiti, secondo regolamento, dai funzionari dell'Atalanta invece di spegnere quel piccolo incendio han finito con il dilatarne le dimensioni.

A dimostrazione che forse l'arma con cui si può e si deve combattere l'ignoranza non è certo lo scandalizzarsi, ancor meno sospendere le partite. Meglio rispondere con sanzioni che possono avvilire la classifiche delle squadre.

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