
Non è da una coppa che si giudica una grande squadra. Una finale di Champions League può dare il senso più profondo, compiuto a una stagione. A prescindere dall'esito. Vale sempre, a maggior ragione per la cavalcata di questa Inter suggellata dalla notte epica contro il Barcellona. Arrivata in fondo a quella Road to Monaco che è passata da un torneo chiuso con sicurezza nel G8 europeo e da un ottavo superato in surplace, prima di eliminare Bayern e Barça. Due potenze. Nella narrazione avversari superiori all'Inter. Nelle individualità semmai, non nella solidità della squadra sublimata dai recuperi fondamentali di Dumfries e Thuram. Una forza d'urto che in Europa ha pochi eguali. Un'organizzazione che ha un nome e un cognome: Simone Inzaghi. Due finali di Coppa dei Campioni in tre stagioni lo inseriscono di diritto nell'élite degli allenatori. Ha già vinto. Anche senza scrivere il nome nell'albo d'oro. Non ce ne voglia Antonio Conte e il suo «c'è chi scrive la storia e chi la legge». Inter-Barcellona 4-3 è leggenda, un altro Italia-Germania 4-3, che poi non si sublimò nella Coppa del mondo ma questo non gli impedì di attraversare decenni ispirando film e libri.
Nello sport moderno tutto questo è elevato all'ennesima potenza: non solo per l'attenzione spasmodica ai bilanci, perché i 150 milioni che finiscono nelle casse dell'Inter sono un trionfo. È così che piaccia o no. Una filosofia che mette uno scudetto sullo stesso piano addirittura di una finale della più nobile delle coppe continentali. Ovvio che il tifoso interista aspetti la notte di Monaco per alzare la coppa. Ma non riuscirci non sarebbe un fallimento. Anche se ci arrivi da favorito come per stessa ammissione di Inzaghi: «Lo capisco dopo aver eliminato Bayern e Barcellona...». Se dopo il derby di coppa Italia perso, se dopo le sconfitte con Bologna e Roma che hanno messo nelle mani del Napoli lo scudetto, sull'Inter aleggiava lo spettro di rimanere a mani vuote condannata dalla suggestione del Triplete auto-provocata. Ora dopo il Barcellona quella paura non esiste più: l'Inter ha alzato nel cielo di Milano la storia scritta nell'erba bagnata del Meazza, narrata sotto la pioggia.
Una finale
si vince non si gioca. Altra massima che riduce tutto al successo, il resto è noia e fallimento. Ma la notte di San Siro avrà un posto speciale che nessuna vittoria potrà mai spodestare. Dopo 120' di epica, fallito a chi?
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.