Kakà sfida l'Atletico e accarezza Clarence Seedorf, il Milan al completo incorona Pippo Inzaghi e il nono trofeo Viareggio conquistato ieri pomeriggio. L'accostamento può sembrare blasfemo, gli ottavi di Champions da un lato, il torneo prestigioso dedicato alle giovani leve dall'altro, e invece racconta della prossima, scontata rivalità in materia di panchina e di allenatori del futuro. Kakà ha nel mirino l'Atletico dai tempi del Real, contro i colchoneros uno dei suoi primi sigilli della carriera spagnola piena di ombre più che di luci e che adesso è alle sue spalle. Smaltito l'infortunio leggero alla caviglia rimediato nel finale col Bologna. «Siamo fiduciosi e pronti» è il suo semplice messaggio spedito più al popolo rossonero per niente ottimista dopo la prova sbiadita e scialba col Bologna che ai rivali caricati a pallettoni da Simeone. «É la prima volta che un mio ex compagno diventa il mio allenatore, sono molto contento e sono anche convinto che Clarence farà un grande lavoro» è la sua convinzione. Condita da molte altre, tipo il mondiale prossimo da giocare in Brasile, «io farò tutto il possibile per esserci» oppure il ritorno a Milano e a Milanello («Ho sempre pensato che sarei tornato al Mian») prima di una striscia di giudizi da appuntare («Zidane e Messi i più grandi, Cristiano Ronaldo il più forte con cui ho giocato insieme con Paolo Maldini»). Bastasse Kakà per risollevare il Milan! Che invece ha bisogno di molto altro per salvarsi dal contropiede feroce degli spagnoli e che resta senza Zapata, uno dei più affidabili della scombinata compagnia difensiva, oltre che senza Montolivo e Muntari, fuori per squalifica.
A dare invece gas a tutto il Milan ieri ha provveduto Pippo Inzaghi, allenatore da un paio di anni, e già considerato una sorta di prodigio («ha uno staff di primissimo ordine» dixit Ancelotti, «non c'è nessuno che conosce le caratteristiche dei giocatori come lui» dixit Galliani), di sicuro un predestinato, pure sulla panchina, non solo in area di rigore dove griffò centianaia di gol. Perchè oltre a qualificarsi nella Champions di categoria (col Barcellona nel girone), ieri pomeriggio ha alzato al cielo di Viareggio il trofeo, nono della collezione rossonera (club più titolato), piegando la valorosa resistenza dell'Anderlecht (3 a 1), in nove contro undici, un'autentica impresa, con gol di Petagna per risalire la china dello svantaggio e dare una dimostrazione di calcio geometrico e super-organizzato. Euforico Adriano Galliani che ha sempre tifato per Inzaghi quale successore di Allegri e che ha avuto il merito di trattenerlo dinanzi alle offerte del Sassuolo. Per scaramanzia (l'anno scorso in finale vinse l'Anderlecht con lui in tribuna), il vice Berlusconi è rimasto nel suo ufficio piantato davanti al televisore prima di organizzare al volo la festa per un trionfo che mancava dai tempi di Tassotti allenatore della primavera. «Ho gioito come per un trofeo della prima squadra» la sua frase ad effetto. Ha gioito anche Barbara Berlusconi, l'altro ad, in perfetta sintonia con Galliani sulle questioni tecniche e sulla valutazione dell'operato di Seedorf.
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