A piedi scalzi contro la dittatura degli sponsor

Londra. È la palla al piede delle olimpiadi moderne, moderne non nel senso Decoubertiano del termine, bensì in quello commerciale, da quando i Giochi sono diventati terreno di conquista di marketing e pubblicità. Parliamo dei veti posti dai vari comitati organizzatori a brand, marchi e logo di aziende che non rientrano tra gli sponsor ufficiali dell'evento. Fatto sta, ieri è partita la protesta contro le norme capestro imposte per proteggere gli sponsor ufficiali dei Giochi. Adam McNelson, due volte medaglia d'argento nel peso, ha lanciato l'iniziativa su Twitter invitando le star dello sport a stelle e strisce a farsi fotografare senza scarpe e affiggere poi le immagini sul sito di microblogging con il tag #solesforsouls.
I divieti di Londra 2012 non riguardano solo gli atleti. Gli addetti alla sicurezza dei Giochi hanno ricevuto l'ordine di sequestrare un gran numero di oggetti (vietati tra l'altro i frisbee, le bandiere, le macchine fotografiche col teleobiettivo, le vuvuzelas e i cappelli troppo voluminosi), e bacchettato diverse persone entrate in siti olimpici con prodotti di marchi diversi da quelli che sostengono le Olimpiadi.
Coca e Pepsi non vanno a braccetto all'Olympic Park come sulla strada: timoroso di «imboscate pubblicitarie» come quelle che turbarono le Olimpiadi di Atlanta, il capo del comitato organizzatore Coe (nel tondo) ha detto ieri alla Bbc che magliette con il logo dell'arcirivale del gigante delle bollicine di Atlanta non saranno ammesse perché «la Coca è il nostro partner ufficiale». «Probabilmente» si potrà chiudere un occhio - ha aggiunto Lord Coe - se qualcuno cercherà di passare con scarpe Nike ai piedi (non è uno dei marchi «accreditati», a differenza di Adidas).
Coe è stato peraltro smentito di lì a poco dal Locog (London Organising Committee): i fan potranno entrare vestiti come gli pare. In realtà il problema esiste. Ad Atlanta nel 1996 agli spettatori vennero distribuite bandierine Nike da sventolare sugli spalti a danno della Reebok, sponsor ufficiale.
Per gli atleti ovviamente la situazione è più complessa, dato che ciascuno di loro ha accordi personali di sponsorizzazione con diverse aziende.

Gli atleti statunitensi ad esempio sono obbligati a indossare la divisa ufficiale della squadra olimpica, firmata Nike, quando salgono sul podio, anche se hanno gareggiato con indumenti e scarpe di un marchio rivale che li sponsorizza.
Il Comitato olimpico statunitense (Usoc) ha recentemente aumentato la multa per gli sportivi che non indossano la divisa ufficiale, e questi si sono infastiditi.

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