All’inizio l’unica critica, velata, sfumata, che sparì appena arrivata, era sulla fede. Per Pioli, preparato, perbene, educato, l’obiezione dei milanisti era la sua fede bambina, l’unico peccato originale che il Diavolo non tollera: essere interista. “Ero un bambino di 13 anni, non avevo le idee ben chiare…” la risposta diplomatica e sorridente che chiuse il discorso. Ma in realtà se c’è una cosa che porta buono al Milan è avere un allenatore interista da piccolo. Arrigo Sacchi per esempio era nerazzurro. Rossonero era il fratello, scomparso troppo presto e al quale il Profeta di Fusignano ha sempre dedicato i successi conquistati con i rossoneri. “Ero dell’Inter ma anche innamorato dell’Olanda del calcio totale” confessò. Ha creato la squadra più forte di sempre e vinto in Italia, in Europa e nel mondo. Oggi interista non lo è più ma rossonero for ever. Anche Carletto Ancelotti, il mister delle due Champions da calciatore e delle due Champions da allenatore viene da lì.
“Sono diventato interista - raccontò - perché mio cugino che era andato a lavorare a Milano, mi aveva portato la maglia dell’Inter, di Sandro Mazzola, quando avevo sei anni. La prima volta che vidi l’Inter era il 1970 quando venne a Mantova. Papà non trovò il biglietti e mi misi a piangere a dirotto. Un custode mi disse: se smetti ti faccio entrare. L’Inter vinse 6-1, papà mi aspettava fuori”. Poi però “il Milan mi ha cambiato la vita”. Milanista for ever anche lui. E con bacheca piena di trofei. Interista, e siamo a tre, anche l’allenatore del Centenario, il protagonista dello scudetto più pazzo e incredibile delle storia del Milan. “Andavo a letto e pensavo solo nerazzurro - raccontò Alberto Zaccheroni - Conoscevo tutto dell’Inter degli anni Sessanta”. Il padre aveva chiamato l’hotel di famiglia Ambrosiana, ma solo perché Internazionale a Cesenatico c’era già. Smise di tifare Inter da ragazzo per passare alla Fiorentina. Ma il Milan per lui fu il top. Diverso invece il discorso per altri due mister vincenti: Fabio Capello e Massimiliano Allegri. Loro da ragazzi erano juventini. Uno amava Sivori, l’altro Platini. Forse persino peggio che essere cugini. Nemmeno Nils Liedholm e Nereo Rocco, per ragioni opposte, potevano essere milanisti da piccoli.
Il Barone perché svedese di Valdemarsvik, il Milan lo conobbe a 27 anni, il Paron perché triestino e perché il Milan negli anni dell’infanzia sua era una squadra che non vinceva mai. Ma anche per loro il Milan divenne tutto. Pioli quindi non si preoccupi del bambino che è in lui. Capace che gli porta fortuna...- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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