Milano. «In questo derby ci sono contro i due migliori attacchi del campionato e le due squadre che contano sul maggior numero di occasioni da gol. Per questo motivo difendere molto bene sarà decisivo». Può sembrare una capriola dialettica quella esibita da Stefano Pioli ma alla fine rappresenta benissimo il copione di questo derby numero 240 che ha l'ambizione di celebrare in qualche modo la conferma di Milano al comando nel calcio. Nella contraddizione, c'è anche la chiave di lettura del piano strategico che il Milan intende sviluppare e che si combina con le sue migliori caratteristiche celebrate anche da Sacchi in settimana. Difendere meglio non significa, per esempio, come fece Allegri con la Juve a San Siro, spedire sulle orme di Brozovic uno dei suoi col compito di marcarlo a uomo e quindi impedirgli di dare sempre l'avvio al gioco interista. «Brozovic è da tenere in grande considerazione» ripete Pioli quasi per dare l'idea di voler imitare il Max bianconero ma con il probabile schieramento («ho già deciso») di Diaz nel suo ruolo naturale di trequartista (invece che Krunic) è impensabile che pedini Brozovic, piuttosto Pioli è convinto così di costringere il regista interista ad applicarsi nella marcatura dello spagnolo.
È solo un dettaglio ma dai dettagli di queste sfide nascono poi gli episodi che marchiano il derby, considerato - parole di Pioli - «non decisivo nemmeno se lo vincessimo noi lasciando l'Inter a 10 punti perché mancherebbero troppe partite». La controprova è un ricordo che ancora brucia: «L'anno scorso il derby di ritorno ha deciso, quello dell'andata lo vincemmo noi». Esatto. E infatti, a sentire la campana milanista, la favorita numero uno è sempre l'Inter. «Perché ha vinto, sa cosa serve per vincere anche se noi e il Napoli fin qui abbiamo avuto un cammino impensabile, 1 solo pareggio e 10 successi in 11 partite» la spiegazione che può essere una macumba ma contiene anche qualche verità calcistica da non dimenticare. «È vero: sia noi che l'Inter siamo cambiati rispetto all'ultimo derby» la concessione di Pioli che questa volta non ha davanti Lukaku, l'incubo di Romagnoli, e può affrontare Dzeko con Ibra sospinto verso il top della condizione («Zlatan è un fenomeno, sta bene ed è molto motivato» il bollettino). Già nel derby di ritorno, perso male e in modo pesante (0-3) Ibra si scontrò con un Handanovic strepitoso, due parate d'istinto su due, sulle due capocciate dello svedese. «Abbiamo delle basi che non crolleranno, ci stiamo abituando a queste sfide che valgono quelle di Champions. Perciò dobbiamo essere coraggiosi, sfrontati nello sfidare l'Inter e scaltri» le ultime raccomandazioni che equivalgono a immaginare il piano strategico. Non farsi mettere sotto dall'Inter ma sorprenderla alzando il ritmo. C'è una sola curiosità che non può essere trascurata.
Nessun cenno all'incontro ravvicinato di primo tipo con Calhanoglu, ignorato dalle domande e perciò assente dalle risposte. Gli chiedono: Pioli, chi vorrebbe togliere all'Inter? Risponde secco: «Nessuno, io punto sui miei». Ecco a cosa serve questo derby: anche a dimenticare il turco.
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