Le luci (spente) di San Siro hanno riacceso un altro acido dibattito intorno all'ennesimo passo incerto del Milan di Pippo Inzaghi. È sempre più lontano dal traguardo ambito (prima terzo posto, poi Europa league) ogni volta che si avvicina. Non si discute della curva che innalza striscioni rievocando tutti i grandi campioni passati da Milanello grazie a Berlusconi e al suo management.
La pietra tombale sull'argomento l'ha messa Sacchi che ha definito così il suo ex presidente: «È stato come una valanga caduta in un piccolo stagno». Le luci spente di San Siro dunque hanno rimesso uno contro l'altro armati di appuntiti aggettivi Pippo Inzaghi e antichi sodali come Boban e Mauro giudici in tv. Passi per quest'ultimo che ha un passato non molto glorioso da dirigente del Genoa, ma gli spunti e i giudizi di Boban sono destinati a far rumore. L'ultimo ha il tono del Robespierre di turno, con quella espressione dolente che non risparmia nemmeno i suoi compatrioti (strepitosa la sua definizione di Brozovic, centrocampista dell'Inter: «Non eccelle in nulla ma sa far tutto»). L'affondo e poi una frustata: «Il Milan ha dei giocatori molto scarsi, è quasi impossibile fare una squadra». E se fosse finita così l'intemerata forse avrebbe riscosso consensi larghi tra il popolo dei milanisti che hanno abbandonato la squadra oltre che allo stadio anche davanti alla tv. Perché la stoccata finale è stata ancora più sanguinosa: «Anche Inzaghi non ha un grande concetto di gioco ma è dura farli correre insieme». Dinanzi alle telecamere il duello rusticano è risultato inevitabile. «Abbiamo giocato da Milan, abbiamo costretto Mihajlovic a cambiare assetto nella ripresa» la replica piccata di Pippo. Ironica la chiosa dei due sapientoni di Sky: «Ok, il Milan ha un gioco unico». Il più misurato Marchegiani ha recensito il lato estetico: «È stata una partita brutta nel primo tempo». Ma il punto della questione è un altro. E cioè la distanza che si determina tra i commenti della critica e quelli di Inzaghi che ha il dovere di fare il difensore d'ufficio ma non può raccontare favole. Il suo calcio non entusiasma, annoia anzi, non esalta le qualità di alcuno (a eccezione di Menez, Diego Lopez e De Jong) e diventa utile solo nel contropiede. Perciò il copione è talmente modesto da non prevedere schemi efficaci quando c'è da attaccare frontalmente una squadra tipo Samp che si difende in 9 dietro la linea della palla. E l'organizzazione sui calci d'angolo? Il gol di Soriano è nato da un tacco del "veneziano" Menez ma anche dal discutibile posizionamento difensivo: in quel momento c'era Van Ginkel, che non è certo uno scattista, a sorvegliare Eder partito come una freccia sul lancio di Eto'o. Con la rosa al gran completo è lecito attendersi qualcosa di più.
Invece Pippo ha continuato a ripetere il motivetto che gli piace tanto («stiamo giocando da Milan»), identico a quello ascoltato dopo Palermo, pensando di poter incantare la platea.
L'unica speranza è che, tra allenatori di calcio e cronisti, Milano come in giro per il Belpaese, non finisca come a Ischia dove il tecnico di casa, Agenore Maurizi, incalzato dalle domande dei cronisti, ha preso a pugni il tavolo della conferenza e mandato a quel paese l'intervistatore impertinente.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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