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Pogacar fa il bis, ma non uccide il Tour

Volata mozzafiato con il danese Vingegaard, che arriva distrutto dalla fatica

Pogacar fa il bis, ma non uccide il Tour

A ben vedere vince in rimonta, con una volata mozzafiato, su un traguardo esplosivo da far tremare i polsi, ma in pratica arrivano assieme. Primo Tadej Pogacar, che a ventiquattrore di distanza si ripete con regolare puntualità, alle sue spalle Jonas Vingegaard, secondo un anno fa a Parigi, secondo ieri sul traguardo de La Planche des Belles Filles.

A ben vedere vince di mezza ruota Taddeo. L'insaziabile sloveno porta così a otto le sue vittorie di tappa al Tour, ma ci risparmia il colpo del KO e di questo dobbiamo essergli tutti grati. Il dopo vale quanto se non di più del prima: tagliato il traguardo Pogacar esulta e distribuisce il cinque a tifosi e avversari, mostrando il suo faccino imberbe in mondovisione. Ben diversa la postura e il volto del talento danese, che taglia il traguardo e viene prontamente sorretto dallo staff per non farlo cadere. Poi si accascia, vinto dalla fatica. Svuotato da uno sforzo sovraumano. A Pogacar la fatica non gli annebbia lo sguardo, al danese gli adombra il volto.

«È stata una tappa durissima, ma oggi per me era un giorno speciale, perché c'era tutta la mia famiglia ad attendermi al traguardo ha spiegato raggiante la maglia gialla -. Da tempo pensavo a questa frazione, così ho chiesto ai miei compagni di squadra di controllare la fuga e loro sono stati bravissimi davvero. Nel finale poi l'attacco di Jonas Vingegaard è stato davvero micidiale, ho faticato moltissimo per tenergli le ruote, ma alla fine sono davvero felice per questo successo».

Il principino danese ha il grande merito di averci provato e lo fa con una progressione rabbiosa che mette chiaramente in affanno anche sua maestà Pogacar. Parte su in cima, nell'ultimo tratto in sterrato, dove la strada si fa polvere su questa salita dei Vosgi che solo due anni fa vide Taddeo ribaltare la storia di un Tour che sembrava ormai finito nella bacheca di Roglic (ieri 3°, alle spalle dei magnifici due). «Non mi rimprovero di nulla», dice sfinito il danese.

Primo degli italiani Damiano Caruso (17° a 1'12), che non è chiaramente nella condizione psicofisica ideale, per via di una vigilia travagliata, che ha messo a soqquadro la sua Bahrain (controlli antidoping dell'Interpol). Se per Caruso è un Tour segnato, anche la Grande Boucle ha la sua firma, con tanto di nome e cognome: Tadej Pogacar.

Il piccolo grande prodigio del ciclismo mondiale che non ha ucciso ancora il Tour, solo per non rischiare la noia.

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