Forse sperava che la sua Tirreno-Adriatico scattata ieri pomeriggio con una cronosquadre da San Vincenzo, andasse un po' meglio, ma lui, Cadel Evans, 35 anni, l'ultimo vincitore della Tirreno, ma soprattutto l'ultimo trionfatore del Tour de France, ha più di un motivo per mostrarsi sereno e sorridente. «Ho tutto, soprattutto ho una bella famiglia e da qualche mese anche un bimbo», dice lui sorridente come mai.
Per la cronaca la vittoria nella prima tappa è finita alla prima grande squadra australiana, la GreenEdge di Matthew Goss, vincitore dell'ultima Sanremo e primo leader nella corsa dei due mari. Tanta Australia, dunque, in questo primo atto della Tirreno, ma manca il più famoso e atteso: Cadel Evans. La sua Bmc ha chiuso solo al 17° posto, a 58".
«La nostra stagione è lunga - dice l'ultimo vincitore del Tour -. Io sono partito un po' più lento del passato, come del resto Philippe Gilbert. Non c'è da preoccuparsi: solo da lavorare e trovare strada facendo il colpo di pedale giusto».
Tolta la GreenEdge, un po' tutti hanno pagato dazio: 17" la RadioShack di Cancellara e la Garmin di Farrar. La migliore italiana, l'Acqua&Sapone di Stefano Garzelli a 41", la Lampre di Scarponi e Petacchi 48", la Liquigas di Nibali 55"
«La Tirreno è una corsa dura, questi tempi vedrete conteranno poco
il punto decisivo della corsa sarà l'arrivo della quinta tappa, in salita a Prati di Tivo. Sarà una corsa per scalatori puri, quel giorno, con una lunga salita di 15 chilometri. Sarà sicuramente una tappa chiave per la classifica generale».
Dopo un 2010 difficile, un 2011 da incorniciare...
«E' proprio così. La perdita di Aldo (Sassi, amico e preparatore al Centro Mapei, ndr) è stata per me grande e profonda - spiega Evans -. Non passa giorno che io non pensi a lui, ai suoi insegnamenti, a quello che mi ha lasciato dentro. Era un uomo di fede: credeva in Dio e nell'uomo. Ha creduto molto in me, nelle mie capacità, anche quando erano in pochi a crederci, io per primo. A lui io devo davvero molto, anche un 2011 corso da grande protagonista. Ho vinto tanto, ma soprattutto ho portato per la prima volta in Australia la maglia gialla. Mi era già capitato con quella iridata. Ho solo un rammarico: la maglia gialla non avrei voluto mai portarla sulla tomba di Aldo
».
Il 2011 non è solo Tour
«La gioia più grande e profonda l'ho provata il giorno di Natale, quando nella mia famiglia è entrato prepotentemente a far parte il piccolo Robel, un bimbo che io e Chiara, mia moglie, abbiamo adottato in Etiopia. E' stato abbandonato che aveva solo 6 mesi. L'hanno trovato in mezzo alla strada, ben vestito e nutrito. E' uno spettacolo vedere Molly, il nostro cane, che gioca con Robel: sono proprio due cuccioli. Se siamo felici? Siamo una famiglia. E la famiglia è felicità».
Il 2012 è tutto lì davanti, con un bis in Francia in cima a tutti i pensieri.
«Per me rivincere il Tour sarebbe il massimo».
Cosa pensa della condanna di Contador?
«E' un caso molto complicato che è durato troppo tempo. Mi spiace per il corridore, per l'uomo, perché non è mai bello vedere un tuo collega che viene fermato, ma se la giustizia ha deciso questo significa che aveva elementi per farlo. Senza Contador un Tour più facile? Non sono assolutamente d'accordo. Sarà invece ancora più difficile. Senza un punto di riferimento come Alberto, la corsa sarà apertissima e molti avversari saranno molto più motivati».
E i due anni inflitti a Ullrich?
«E' da cinque anni che Jan non corre più: che bisogno c'era di squalificarlo?».
Quando tornerà al Giro d'Italia?
«Penso l'anno prossimo. Se riesco a fare il bis al Tour ci torno di sicuro, per vincere anche il Giro. Ho 35 anni, non sono più un bimbo, quindi devo darmi da fare».
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