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Il potere delle donne. L'Italia vuole una scossa dai maschi dell'atletica

È dal 2009 che gli uomini non vincono una medaglia ai mondiali: Stano l'ultima carta

Il potere delle donne. L'Italia vuole una scossa dai maschi dell'atletica

Suvvia maschietti, svegliatevi. Che altro dire ai ragazzi dell'atletica italiana dopo aver celebrato il bronzo di Elena Vallortigara ai mondiali di Eugene? Qualcuno penserà: ma questi hanno vinto ori pesanti alle Olimpiadi, perché mai metterli sulla graticola. La gratitudine resterà immutata nei secoli per un raccolto che ricorderà l'anno santo (e miracoloso) dello sport italiano, però stavolta parliamo di mondiali. E qui le ragazze hanno il tocco magico, prevalentemente di bronzo. Sono anni, esattamente dal 2009 che le donne d'Italia tengono botta per non far sfigurare il Paese nostro in tal consesso di nobiltà atletica. Appunto a Berlino si celebrò l'ultima medaglia di un azzurro (Giorgio Rubino bronzo nella 20 km marcia) che si accompagnò al bronzo di Antonietta Di Martino nel salto in alto. Che poi il salto in alto sia specialità destinata ad atlete che hanno fatto epoca (Simeoni oro olimpico, Di Martino plurimedagliata mondiale) è altra storia. Il seguito è tutto racconto in rosa: senza di loro l'Italia avrebbe perso la faccia. Ancora la Di Martino bronzo a Daegu 2011. Valeria Straneo nostra signora della maratona con un bronzo a Mosca 2013. Antonella Palmisano ha preso le misure, per l'oro di Tokyo, con un bronzo nella 20 km di Londra 2017. Infine Eleonora Giorgi ha pescato il bronzo nella 50 km di marcia a Doha 2019. In sintesi, partendo da Berlino 2009 siamo arrivati a 6 medaglie rosa contro l'unica di Rubino. Se poi vogliamo vedere da quando un maschietto non vince un oro c'è da sbiancare: vale risalire a Giuseppe Gibilisco, trapezista dell'asta a Parigi 2003. Ovvero 19 anni fa! Invece Fiona May conquistò il suo titolo nel lungo due anni prima a Edmonton.

Riepilogata questa somma di risultati e annualità non resta che tirar le orecchie ai ragazzi azzurri (d'accordo il mondo dell'atletica è immenso e propone grandi difficoltà) e offrire fiori e inchini a nostre signore. Poi, certo, non basta una Folorunso da record per andare in finale dei 400 ostacoli. Ma Vallortigara ha già salvato la faccia a tutti.

Ora aspettiamo uno squillo maschile: difficile chiederlo alla staffetta 4x100 vista l'assenza di Jacobs. Qualche sorpresa giovane? Chissà. Molto più concreto affidarsi all'indomabile mondo della marcia. Massimo Stano si prenderà sulle spalle il peso dell'onore maschile e tornerà ad essere il Tigre nel motore nell'inedita distanza dei 35 km. Mettiamoci tutti in scia a questo marciatore che ha ancora tanta fame (parole sue) e, dopo l'oro conquistato con quel bel passo a Tokyo, ci riporta a Maurizio Damilano, Michele Didoni e Ivano Brugnetti. Non citati a caso, perché da loro sono arrivate le medaglie d'oro mondiali per il movimento nostro. Ci siamo fermati al 1999. Forse sarebbe il caso che il glorioso mondo del tacco e punta ci ricordasse il bello di una tradizione, di una scuola, del talento che guida maestri e atleti. Non è un caso se quando si vuol citare solidità nello sport azzurro si parla di scherma e di marcia. Ma se l'oro viene a mancare, si aspetta l'ora con sempre più impazienza. Non vorremmo vedere la stessa fine della Semenya: una volta faceva paura a tutti, ora che affronta distanze più lunghe (5000 m.) non fa più paura a nessuno e affonda.

Questa è la legge di uno sport crudele.

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