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Un primo passo storico. Per il futuro della Serie A vanno in "campo" i Fondi

All'unanimità i club votano per la creazione di una media company che gestisca i diritti tv

Un primo passo storico. Per il futuro della Serie A vanno in "campo" i Fondi

È il primo passo del calcio italiano verso la modernità. Decisivo per riguadagnare terreno e posizioni nei confronti degli altri top tornei europei che godono di fatturati e introiti doppi se non tripli. È avvenuto ieri nel corso dell'assemblea della Lega di serie A con la votazione unanime (altro evento clamoroso per le abitudini litigiose del condominio) sulla decisione di procedere alla creazione di una media company destinata a gestire i diritti tv e commerciali del prossimo triennio (21-23) aprendo all'ingresso di un fondo di private equity da scegliere tra i due concorrenti rimasti in competizione (Cvc più Advent e Fsi con offerta da 1,625 miliardi e Bain più NB Renaissance da 1,350 miliardi: entrambi i fondi offrono il minimo garantito da 1,5 miliardi a stagione), in una prossima assemblea da convocare per fine settembre. «È una sfida colossale per il calcio italiano da intraprendere perché nel frattempo è cambiato il mercato tecnologico» la riflessione di Paolo Dal Pino, presidente della Lega di serie A, regista dell'operazione e vincitore del primo round. «Siamo solo alla parola inizio perché il passaggio successivo coinciderà con la scelta in partnership di un fondo» il chiarimento riferito al prossimo appuntamento. «Un bel segnale per tutto il calcio» il commento di Urbano Cairo e Paolo Scaroni, tra i più convinti sostenitori di questa svolta, inseguita da dieci anni e mai raggiunta prima a causa delle divisioni interne tra i club e i loro presidenti.

Sembra tramontata l'opposizione di Claudio Lotito poiché è stata bocciata l'opzione del finanziamento, ma è solo una falsa impressione. Il presidente della Lazio si è unito alla maggioranza quando ha capito che non sarebbe riuscito a coagulare attorno alla propria contro-proposta i 7 voti necessari per impedire l'approvazione della new company che rappresenta, contestualmente, il superamento dell'idea di De Laurentiis, cioè la gestione diretta della società da parte dei 20 presidenti. Come previsto dal piano di Dal Pino, la new company avrà una governance con ad indicato dal fondo e alla presidenza un esponente della Lega, probabilmente lo stesso Dal Pino. Non sono stato io a convincere i presidenti, sono stati loro a capire l'importanza di questa decisione la sua benedizione del voto unanime.

Anche la lettera contenente le obiezioni pertinenti di Adriano Galliani (come fare con le società che nel frattempo scenderanno in B e saliranno in A?; l'elenco nell'ultimo decennio di club nel frattempo falliti o che hanno ceduto il ramo d'azienda è consistente: Catania, Chievo, Livorno, Siena, Palermo, Bari) hanno ricevuto una risposta pubblica. «Abbiamo una soluzione per il quesito posto» ha replicato il presidente della Lega (si pensa alla golden share) che ha poi garantito la realizzazione dell'asta per i diritti tv, «prevista dalla legge» e assicurato che la società anche senza il fondo, sarà comunque costituita. Ultime due argomenti affrontati da Dal Pino: legge sugli stadi e calcio riaperto al pubblico. «Il sistema senza gli introiti dal botteghino rischia il collasso» ha spiegato il presidente.

«Il protocollo dei troppi tamponi non è più applicabile, ne basterebbe uno a settimana» la chiusura del cerchio.

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