Passo indietro. Da parte del procuratore della Federcalcio Giuseppe Pecoraro, davanti alla Commissione Antimafia in occasione della sua seconda audizione. «Non ho mai accostato il presidente della Juve Andrea Agnelli alla 'ndrangheta. Le parole vanno misurate e a me interessa soltanto come è stata gestita la vendita dei biglietti agli ultrà da parte del club». Fine, insomma, del processo mediatico andato in scena nelle ultime settimane. Anche perché il tema della vendita dei biglietti è noto e lo stesso club bianconero ha recentemente ammesso di aver commesso delle leggerezze.
Rosy Bindi, presidente della Commissione, è stata netta: «In Italia le mafie arrivano persino alla Juventus e questo è chiaro. Abbiamo però chiarito un punto: il prefetto ha ammesso che in quella telefonata non si parla di Agnelli». Quella telefonata era una presunta intercettazione che Pecoraro avrebbe attribuito al numero uno del club bianconero e in cui invece a parlare erano il security manager D'Angelo e il responsabile marketing Calvo, i quali si confrontavano sulla posizione di Rocco Dominello, a giudizio a Torino con il 416 bis: «Hanno arrestato i due fratelli di Rocco. Lui è incensurato, noi parliamo con lui». Pecoraro è stato insomma costretto a rettificare quanto affermato durante l'audizione del 7 marzo: «Da una lettura migliore delle intercettazioni, ora attribuisco al pubblico ministero quello che ritenevo un riferimento ad Agnelli». Quel che più conta, però, è che non sia stata acclarata alcuna consapevolezza del fatto che Agnelli conoscesse la natura criminale di Dominello, anzi: il procuratore della Figc ha sottolineato come «non esistano intercettazioni dirette da dove si possa evincere il contrario».
La rettifica che però apre per il procuratore un altro imbarazzante fronte. Infatti il procuratore capo di Torino, Armando Spataro, ha risposto: «Il nostro ufficio si è limitato alla trasmissione degli atti richiesti dalla procura federale, senza esprimere alcuna interpretazione al riguardo». Spataro ha aggiunto che «la Procura smentisce» le affermazioni attribuite a Pecoraro «circa una asserita interpretazione fornita dal pubblico ministero ad intercettazioni in atti, ciò in particolare rispetto alle conversazioni intercettate nell'estate del 2016, dunque dopo la esecuzione della ordinanza cautelare avvenuta in data primo luglio 2016». E in serata lo stesso procuratore Figc è costretto a rimangiarsi tutto: «Non ho attribuito alcunché ai pm».
Restano comunque il deferimento della stessa Juventus e di Agnelli: «I motivi sono vari ha detto Pecoraro - L'articolo 12 del Codice di giustizia sportiva dice che non sono possibili il bagarinaggio o contatti con la tifoseria organizzata. La responsabilità è in primo luogo del presidente della società, che era consapevole o comunque non ha vigilato sulla gestione dei biglietti. Ci interessa il fatto che questi tagliandi siano stati utilizzati da soggetti malavitosi. C'è anche un'intercettazione dove si parla di fondi per le famiglie di detenuti». Quindi, per il processo sportivo «siamo in attesa dell'udienza del 26 maggio».
Intanto il consiglio di presidenza della commissione ha fissato le nuove audizioni: Andrea Agnelli comparirà a inizio maggio, mentre martedì sarà ascoltata la sostituto procuratore della Dda di Napoli, Enrica Parascandolo, per riferire sul boss Lo Russo a bordo campo durante alcune partite del Napoli.
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