Quando l'ego si siede in panchina

di Tony Damascelli

È inutile, oltre che stupido, scrivere e dire movida, triplete, remontada, falso nueve, sombrero se poi di fronte al football spagnolo facciamo la figura del povero toro nell'arena. Dovremmo tornare all'antico, alla prudenza, alla saggezza tattica che non significa oscurantismo e nemmeno catenaccio ma, semplicemente, intelligenza, cioè saper leggere quello che sta per accadere in campo.

Allegri, ad esempio, è uno che cambia idea ogni due per tre. Ha bisogno, da sempre, di prendere qualche cornata prima di avvedersi. Prima schiera Rugani e poi lo manda in panchina, prima piazza Sturaro poi gli fa fare la riserva, prima piazza Douglas Costa a destra poi lo spedisce a sinistra. Molte idee e confuse, al di là delle assenze. Idem per Di Francesco che, a partita in corso contro l'Atletico, si accorge che la difesa come l'aveva disegnata lui non può andare avanti a imbarcare acqua e ha risistemato il tutto. Così Montella che chiede punte di peso, gli offrono Kalinic e André Silva e poi si presenta all'Olimpico con Borini&Cutrone.

Quando un allenatore pensa e presume di essere più importante dei propri giocatori allora è la fine, o meglio l'inizio di un probabile corto circuito. Tevez diede del cagòn ad Allegri e non escludo che lo stesso pensi Higuain, addirittura Zaza dice di avere imparato da Di Francesco e da Conte e nulla dal livornese. L'ego di alcuni allenatori porta a scelte che non sono coraggiose ma azzardate, la Juventus non è finita a Barcellona così come il Barcellona non era finito a Torino lo scorso aprile (ma ha cambiato il coach).

Quando Di Francesco si è lamentato per un rigore non concesso (Roma-Inter) dichiarando: «Gli arbitri devono capire che non alleno più il Sassuolo», ha ammesso, puerilmente, che lui per primo debba cambiare stile e idee. Riportare la palla al centro, dunque, e ricordarsi che i bambini giocano a pallone senza arbitro ma anche senza allenatore. E si divertono. Ovviamente è un paradosso ma a volte scherzando si impara.

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