Cronaca di una notte un po' pazza. Come minimo. Perché, nel giorno in cui Andrea Agnelli e Florentino Perez si scambiano complimenti reciproci e la Juve si sente davvero grande venendo trattata come tale e per di più festeggiando il terzo scudetto di fila, Antonio Conte manda tutti a nanna spiegando che «non si mangia con dieci euro in un locale da cento». Metafora ardita che chissà quanto il presidente avrà gradito: il locale da tripla cifra - e non ci vuole un genio per capirlo - è la Champions per la quale il Real Madrid corre tutti gli anni da protagonista, i dieci euro sono quelli di cui disporrebbe la Signora. Desiderosa di sedersi al banchetto dei ricchi, non avendone però la stessa disponibilità.
Juve-Atalanta è finita così. In maniera un po' paradossale. Dopo che lo stesso Conte aveva elargito sorrisi in campo ai tifosi che lo osannavano, piazzando poi la maschera preoccupata davanti a taccuini e telecamere. «Resto? Non lo so, devo parlare bene con i dirigenti. Dovremo parlare e fare valutazioni sotto tutti i punti di vista. Sono stati tre anni dispendiosi, davvero. Quello che abbiamo fatto non è facilmente migliorabile. Anzi: potrebbe non esserlo proprio e credo più di così la Juventus non avrebbe potuto fare. La storia di questa società diventa un handicap difficile da superare in certi momenti. Abbiamo ricostruito dopo due settimi posti e fatto un cammino importante anche in Europa: invece qui si dà tutto per scontato». Dove il «qui» è rivolto non tanto alla società, quanto al palato fine dei tifosi. Condizionati da un messaggio secondo cui «bisogna vincere la Champions. Io questo non posso garantirlo, perché in un momento di crisi economica come questo la storia della Juventus non può essere supportata.
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