di Tony Damascelli
T ra una condanna e l'altra forse si gioca a pallone. È il campionato dei graffitari, è il football dei writers, ogni maglietta ha la sua scritta, come sui muri delle latrine negli autogrill o lungo le massicciate ai lati della ferrovia. La squadra campione d'Italia ha deciso di svoltare, non potendo fregiarsi, per sentenza, della terza stella ha pensato di immortalare sul colletto della casacca bianconera, o di riserva, la frase storica: vincere non è importante, è la sola conta che conta. Qualche anima bella l'ha attribuita a Giampiero Boniperti che, essendo più furbo di tutti, l'ha pronunciata, la notte magica dell'inaugurazione del nuovo stadio, riferendosi a «uno striscione dei tifosi».
La verità è un'altra: winning isn't everything, it's the only thing, furono parole pronunciate nel 1950 da Henry Russel Red Sanders, coach dell'Ucla Bruins di football americano. Sanders provocò l'applauso degli astanti durante una lezione di educazione fisica al California Polytechnic State University di San Luis Obispo. Tre anni dopo quelle parole vennero riprese testualmente da un articolo di Bud Fucillo sul Los Angeles Herald and Express e, addirittura, divennero una battuta del film Trouble Along The Way (in italiano, L'irresistibile Mr John) con John Wayne e Donna Reed, quando l'attrice Sherry Jackson nella parte di Carol Williams riferisce un pensiero di Steve Aloysius Williams (Wayne), allenatore di una squadra di football: «Steve dice che vincere non è importante, è l'unica cosa che conta».
Il marchio definitivo arriva su Sport Illustrated nel '55 e, nel 1959 Vincent Lombardi, mitico coach del Green Bay Packers (due Superbowl consecutivi) la trascrive, facendola propria, sul libro di memorie Run to daylight!.
La Juventus ormai parla americano, come la sua proprietà, va da sé che in onore a Sanders&Lombardi&Boniperti cercherà di ribadire il concetto. Ma è l'enciclopedia di scritte e frasi che compaiono sulle magliette delle squadre italiane di calcio che stimola e provoca risate multiple. Si va dal club più titolato, al primo della città, con varie formule grafiche per farsi riconoscere, come se non bastassero usi, costumi e posture per l'identificazione dei soggetti.
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