Quattro sberle da scudetto: Juve tutta grinta, gioco e gol e la Roma spalanca la porta

I bianconeri trovano ampi spazi. Romanisti fragili: è la sconfitta numero 13. Vidal e Marchisio incontenibili, rigore di Pirlo. Espulso Stekelenburg

Quattro sberle da scudetto: Juve tutta grinta, gioco e gol e la Roma spalanca la porta

Serviva un King maker per mettere lo scudetto nella mano del­la Juve. E chi se non Arturo King Vidal? Il nome talvolta fa garanzia e segna un destino. Destino (e destinazione) scudetto. Madama ha trovato il suo cavaliere e la degna dama di compagnia: Roma rometta più che mai. Quattro sberle della Juve le hanno rovescia­to la faccia e attizzato il pessimo umore del Milan. Vittoria che con­ta, bella, imponente. Juve intensa e lucida, direbbe l’Arrighetto. Primo obbiettivo raggiunto: è già in Champions, sicura di non do­ver fare i preliminari. Poi c’è il +3 in classifica.Partita che ti ha tolto subito il gusto del brivido, dell’attesa, dell’emozione.

Ma andate­lo a dire agli juventini? In 8 minuti risolto ogni problema, in mezzo­ra tutti a cullarsi sulla nuvoletta delle dolcezze. Occhi languidi e so­gni di gloria. Cosa chiedere di più nel giorno in cui il Milan se l’è vista brutta e la Roma poteva diventare un brutto cliente? Ma questo almeno è il calcio che rasserena lo spirito. Calcio che disegna una grande stagione juventina (comunque vada). Non quello visto a Genova e nemmeno quello che ha unito tutti ad ini­zi­opartita: bellaidea,belcolpod’occhioeunacarezzaalcuoreve­dere i giocatori di Juve e Roma, maglie bianche e maglie rosa alter­narsi, abbracciate al centro del campo per ricordare, nel minuto di silenzio, quel povero ragazzo morto sul campo di calcio a Pesca­ra. Eppoi che dire nel vedere seduti sulla panca da una parte Del Piero e dall’altra Totti.Il segno e il senso di un tempo che passa. Do­po tutti i castelli giornalistici costruiti in settimana, eccoli lì a go­dersi il duello finale come due spettatori non paganti.

E attraverso i loro sguardi si è deline­ata la storia della partita: sempre più truce il Pupone, sempre più sorridente Alex. Poi ognuno potrà pensare che Totti, in mezzo al campo, avrebbe reso meno fragile la Roma e Del Piero, in at­tacco, non avrebbe affatto sfigurato, non solo per quella mezzora finale che s’è giocato.Però che dire quando la Ju­ve spinge innescando subito le marce alte e la Roma fa la sbadatella di tante altre partite. Non è un caso che ne ab­bia perse quattro subendo un poker di gol, e tredici in tutto: in questo caso non proprio un numero da Totocalcio. Tranne per la Juve. Luis Enrique ha imi­t­ato qualche suo collega infilando Per­rotta sulle tracce di Pirlo. Idea buona, peccato che gli altri si siano dimentica­ti di giocare con dignitosa grinta sugli altri bianconeri. La Juve non poteva chieder di meglio ed infatti ha sfruttato l’omaggio.Dopo tre minuti,alla prima occasione, anche il primo gol: De Ce­glie fa sbarallerare i difensori sulla sini­stra prima di ceder palla a Vidal, pron­to a incrociare con un devastante sini­stro. Il tempo di pensare: soliti ragazzi­ni sventati questi della Roma! E Vuci­nic ha servito il cileno per proporgli la medesima conclusione e il raddoppio. Un falletto di Quagliarella su De Rossi e render meno limpida la valutazione dell’arbitro, ma poi quella difesa tutta sbandata ha preparato la frittata.

Dieci minuti per capire tutto, anche della partita. Juve a tutto sprint e Roma bambinona o bambinella, tipica da ra­gazzo spazzola, con gli juventini che presentavano le scarpe e i gol da lucida­re. L’idea di rimandare De Rossi stop­per in mezzo alla difesa (come capitò per la prima volta nellapartita d’anda­ta) non è stata esaltante. Il modulo pro­posto da Luis Enrique con Osvaldo e Borini a tener botta in attacco ha rag­giunti limiti di approssimazione e inu­tilità. Per la Juve, macchina ormai roda­ta e sicura del suo giocare, è stata una passeggiate in autostrada. Quagliarel­la al posto di Matri solo una chicca volu­ta da Conte. Vucinic incisivo tranne nel far gol. Marchisio e Vidal scatenati. Non c’è stato nemmen spazio per esal­tare i singoli, è bastato l’autentico gio­co di squadra. Ed è stato uno sberleffo ad ogni tattica quando Vucinic ha spe­dito palla a Marchisio per procurarsi il rigore e la conseguente espulsione di Stekelenburg (con i soliti dubbi sulla necessità di espellere).

Poi Cerci si è unito alla lista dei parari­gori di giornata, ma la sua difesa ha dor­mito sulla respinta e Pirlo ha ringrazia­to aggiungendo il nome ai marcatori di una partita che potrebbe segnare defini­tivamente la stagione. Mentre Marchi­sio ha atteso la ripresa per riprovarci, ag­giungere la firma calciando dal limite, come un olandese dei tempi di Cruyff.

Certo, una squadra come la Roma, che si fa tagliare così a pezzi nelle linee difensive, è un’aspirante suicida calci­stica. Niente di meglio per esaltare la grinta e la determinazione juventina. Non è un caso che i tiri in porta romani­sti­siano stati pochi e nemmen preoccu­panti.

La Juve si è limitata al minimo ga­rantito per controllare la partita e fare sentire il peso del suo dominio. Partita quasi da fair play fin quando Lichstei­ner non ha fatto a Lamela un gesto tottia­no (le quattro dita e lo zero). E Lamela ha risposto con uno sputo. Non si può avere tutto nel calcio degli avvelenati.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica