Dalla racchetta alle sfilate: i suoi due mondi al Giornale. Troppo buona per le pagelle

Lea Pericoli era figlia di un'intuizione geniale di Indro Montanelli che in un'epoca in cui i giornalisti prevalevano ancora sugli opinionisti, aveva avuto l'idea di arricchire la redazione con firme d'eccezione

Dalla racchetta alle sfilate: i suoi due mondi al Giornale. Troppo buona per le pagelle
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Si vantava orgogliosamente di aver scritto sul primo numero del Giornale. Come se fosse stato un ottavo di finale di Wimbledon, che ai tempi per le nostre tenniste equivaleva già a un lasciapassare per la gloria. Si sentiva intimamente legata al nostro quotidiano, come tutti quelli che avevano partecipato all'inizio dell'avventura, e ne aveva sofferto molto il distacco. Lea Pericoli era figlia di un'intuizione geniale di Indro Montanelli che in un'epoca in cui i giornalisti prevalevano ancora sugli opinionisti, aveva avuto l'idea di arricchire la redazione con firme d'eccezione. Sulla prima pagina di Sport di questo giornale, assieme firme storiche come Grandini e Caruso, Eleni e Benzing, uscirono proprio un articolo di Lea Pericoli e un altro niente meno che di Concetto Lo Bello. Poi si aggiunsero i vari Adorni, De Adamich, fino a Maria Rosa Quario, opinionisti che diventarono ben presto giornalisti veri e propri.

Lea cominciò a scrivere da Wimbledon nel giugno del '74, non da inviata ma ancora da giocatrice, un torneo visto da dentro, raccontato come un crocevia di campioni e di moda. Che poi sarebbero stati i compagni di viaggio della sua seconda vita, quella alla macchina per scrivere: i campioni del tennis e la moda a cui si dedicò dopo aver chiesto il permesso proprio a uno scettico Montanelli. E per una trentina d'anni si divise tra questi due mondi, diventando amica dei Missoni e degli Armani, come lo era di tutto l'ambiente delle racchette. Signora delle sale stampa, dopo esserlo stata della terra rossa, civettuola tra Gianni Clerici e Rino Tommasi in un mondo tennistico ancora accompagnato in tv dalla voce ovattata ed elegante di Guido Oddo, prima della dirompente era Galeazzi.

Per noi era l'incarnazione del tennis dei gesti bianchi, ti parlava di Lucia Valerio e di Fred Perry come vecchi amici, ma non dovevi mai chiederle le pagelle: anche in anni in cui il nostro tennis era ai minimi storici, non riusciva ad andare sotto il 6 meno meno... Chissà a che punteggio iperbolico sarebbe arrivata per Jannik Sinner e ci consola il fatto che sia riuscita a vedere un italiano sul tetto del mondo. Anche se per noi la numero uno resterà sempre Lea.

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