Ranieri batte Guidolin nella rivincita del made in Italy

Dopo il paradosso di Inter-Udinese con 22 stranieri in campo la sfida clou in Premier con la regia di due tecnici di casa nostra

Ranieri batte Guidolin nella rivincita del made in Italy

Campionato italiano? Divisione nazionale? Chi l'ha detto? Inter-Udinese ha visto, per la prima volta della serie A, ventidue calciatori non italiani, un record da tenere nascosto, un evento del quale nessuno deve e può vantarsi. Così vanno, precipitando, le cose del football contemporaneo, detto moderno, là dove la globalizzazione è stata male interpretata. Presidenti, allenatori, magazzinieri, calciatori, non gli arbitri, è un carrefour che mischia le carte e violenta, alla fine, lo spirito di un campionato detto e cosiddetto nazionale. Di contro la Premier inglese, torneo di un paese fortemente patriottico, ha concesso a due allenatori very made in Italy, Ranieri e Guidolin, il privilegio di giocare la partita del titolo, con il Leicester delle sorprese che ha liquidato 4-0 i gallesi dello Swansea alla ricerca di un posto in terra altrui. Ranieri e Guidolin hanno ribadito la bontà della scuola italiana, migliore e superiore nelle lezioni di tattica più che nei tatticismi che sono un'altra cosa. Ranieri licenziato in Grecia, dalla Juventus, dall'Inter, dal campionato italiano, è tornato in Inghilterra per dimostrare che si è special one senza essere superbi o arroganti. Guidolin, esaruita la missione friulana, ha preso i gallesi di Swansea.

Il mondo alla rovescia? No, è il riscatto, la rivincita. Noi accusati di essere catenacciari siamo i nuovi docenti in ogni parte del mondo, anzi dove il mondo del football conta. Dove sta la verità? Nel mezzo, sta in Ancelotti che va a dirigere il Bayern, sta in Conte che gestirà il Chelsea e sfiderà appunto Ranieri, ma sta in questa nostra serie A che, da anni ormai antichi, è un albergo a ore per stranieri di ogni dove ma ultimamente è diventata un suk, un mercato senza identità, con ambulanti più che calciatori, modeste figure che faticano a fare cronaca e, certamente, non faranno mai storia. Così Mancini e De Canio preferiscono affidare le proprie idee a professionisti che parlano lingue diverse, anche tra di loro. L'Udinese conta 4 italiani sui 28 in lista, l'Inter 2 su 23, questo dovrebbe significare che la merce straniera ha censo e qualità più garantite di quelle italiane. Balle, sono i procuratori a spingere e a determinare il mercato ma gli allenatori si adeguano volentieri, preferiscono seguire i campionati esteri piuttosto che i tornei giovanili nostrani e qui pescare i talenti che costano meno.

Si va perdendo, lentamente, l'identità del nostro football, la nazionale paga il conto, il ricambio è inesistente, l'invasione dei foreign players condiziona le scelte di qualunque commissario tecnico, Inter-Udinese è il segnale di fumo nero, potrebbe accadere paradossalmente di assistere a un campionato di serie A composto soltanto da stranieri, con i nostri a fare da riserva o ad emigrare all'estero. Non è obbligatorio essere nazionalisti ma piuttosto sarebbe doveroso tutelare il nostro patrimonio. E' questa una battaglia persa contro le leggi dell'Unione europea che, con la bandiera della libera circolazione dei lavoratori, ha finito per intossicare il vivaio dei paesi.

Il 6+5, suggerito dall'Uefa di Platini, è stato respinto a Bruxelles ma esiste un equivoco di base: non si tratta di chiudere il tesseramento agli stranieri ma di limitarne l'utilizzo in campo, rose libere ma formazioni con un minimo di sei titolari nazionali. Abbiamo vinto le coppe del mondo anche grazie agli stranieri, da Luisito Monti a Mauro Camoranesi, ma era calcio italiano, nella testa e nei cognomi, certi. Il futuro è confusione, Inter-Udinese ne è la conferma.

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