Ritorno Ibra e fuga Lukaku. Ecco il ribaltone di Milan-Inter

Zlatan a Roma ha mandato segnali ai cugini. L'addio di Romelu un vantaggio per i rossoneri, ma Dzeko...

Ritorno Ibra e fuga Lukaku. Ecco il ribaltone di Milan-Inter

D'accordo, occhio alla Champions ma in fondo alla settimana c'è il derby e l'attesa ha già divorato il botteghino con il pienone garantito. Milano è vicina all'Europa a metà perché l'Inter nel viaggio a Tiraspol può guadagnare un pezzo di qualificazione agli ottavi mentre il Milan deve ribaltare il Porto e sperare in una caduta libera dell'Atletico per immaginare identico risultato. Perciò tutto l'orizzonte calcistico di Milano è fissato alla sera del 7 novembre, vigilia della sosta nazionale prima di altre due sfide dal sapore particolare, Pioli a Firenze e Inzaghi che riceve il Napoli capolista a San Siro. Fatti calcoli elementari in due turni i campioni d'Italia possono recuperare il distacco dalla vetta e mettersi sulla scia in modo ancor più minaccioso.

Perciò il derby comincia a togliere il sonno. A Milanello possono viverlo con un incubo in meno. A rileggere i precedenti più recenti, è stato Lukaku l'incubo che è costato parte del credito smarrito da Romagnoli e anche il risultato nella sfida del ritorno, a febbraio inoltrato, quando Antonio Conte mise la freccia e non mollò più la presa sulla testa della classifica. Lukaku non c'è più anche se Dzeko, al suo posto, sta facendo cose inaspettate per la sua età e per la brevità dell'immersione nel nuovo mondo calcistico.

Ad Appiano Gentile si vivono le identiche sensazioni. Perché il ritorno di Ibra a tempo pieno all'Olimpico e pieno di energie vitali ha consegnato al Milan l'ennesimo successo in viaggio, segnale confortante di un dominio calcistico esercitato a lungo, per 66 minuti, fino all'espulsione di Theo Hernandez. Fu lui, già l'anno prima, a spaventare l'Inter nel derby d'andata con quel doppio sigillo che mandò in crisi le convinzioni e le aspettative del mondo interista. Allora, come domenica notte, Ibra zittì gli insulti e fischi dei tifosi rivali, proprio come a Roma dove la procura federale ieri ha aperto l'inchiesta per documentare l'accaduto. E infatti, a giudicare dalle mosse di Pioli, Ibra si appresta a riposare in panchina mercoledì (spazio a Giroud in Champions) per ripresentarsi domenica sera a San Siro e guidare i suoi che lo seguono e ne ascoltano i suggerimenti con disciplina quasi militare. Per una settimana, questo è garantito, non sentiremo parlare di contratti da rinnovare perché Brozovic - per citare un esempio - reduce dal solito primato (chilometri percorsi e numero di passaggi contro l'Udinese) deve concentrarsi su altro piuttosto che sullo stipendio da riscuotere (il suo agente lo vorrebbe pari se non superiore a quello versato a Calhanoglu).

Idem per Kessiè del quale si celebrano i suoi successi dal dischetto, 31 centri su 35 rigori tirati, che sono una media esaltante e si dimentica tutto il resto grazie al fatto che ormai area sportiva e club sono già passati dalle esperienze di Donnarumma e Calhanoglu senza avvertire le scosse telluriche che in passato avrebbero spaventato. Anzi hanno incassato dallo sviluppo di quelle scelte coraggiose e temerarie, la spinta a non fermarsi sulla strada intrapresa dei costi da tenere sotto controllo, premiata per ora dalla guida della classifica.

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