nostro inviato a Madrid
Una batosta così non la subivamo da una notte più storica: era la finale di Euro 2012 a Kiev e guarda caso fu sempre la Spagna a metterci ko. Le abbiamo prese al Bernabeu ed era nell'ordine delle cose, visto tra le Furie Rosse e l'Italia oggi la differenza è questa. Ma lo schiaffo di Madrid (seguito in tv da oltre 8 milioni di spettatori) fa male perché è un passo indietro notevole rispetto al lavoro portato avanti da Ventura. Che chiede di non gettare all'aria quanto fatto finora, sottolinea come «noi siamo umani e loro no...» ma dovrà meditare - al di là del gap notevole, sia fisico che qualitativo - su quanto si è visto contro gli spagnoli. «È stato un passaggio per crescere, di questa partita dovremo analizzare cosa abbiamo fatto di buono, dove abbiamo sbagliato - almeno cinque errori concettuali gravi - e dove potevamo fare meglio. Se una partita cancella programmi, pensieri e lavoro, possiamo fermarci qui», il messaggio di Ventura. C'è un playoff da conquistare e vincere a novembre, quindi occorre continuità anche tattica.
Bonucci ha definito la notte di Madrid «un ko con zero alibi», intanto salterà Israele per quel cartellino giallo rimediato contro la Roja. Sul banco dell'accusa proprio quel 4-2-4 marchio fabbrica di questa Nazionale. Eppure, chiunque avrebbe firmato per vedere un'Italia coraggiosa in Spagna. Il nostro movimento chiede da tempo di cambiare qualcosa rispetto al passato, mettendo magari in discussione i capisaldi della nostra tradizione calcistica (grande difesa e organizzazione, tenuta mentale nelle sfide con le big) e vedendo in campo i talenti che abbiamo. E qui arriviamo al punto: sabato sono andati fuori giri proprio gli azzurri più attesi, Verratti e Insigne. Colpa anche di uno schema di gioco solo all'apparenza spregiudicato, ma che ha prodotto un calcio contrario alle intenzioni teoriche. Così come i cambi approntati in corso d'opera.
Il centrocampista del Psg ha dato la sensazione di non essere ancora in grado di reggere il nostro destino là in mezzo: ammonito dopo quattro minuti, è sparito dal gioco, sia in fase di costruzione che in quella di rottura. Anche perché contro il palleggio avvolgente delle Furie Rosse, fare il centrocampista «globale» è più complicato. Ventura aveva addirittura accarezzato l'idea di riproporlo trequartista, lui che a Parigi fa anche la mezzala e il metodista, ma nel 4-2-4 con il solo De Rossi al suo fianco non poteva che essere travolto. Archiviare la serata come un episodio non fa bene né alla sua crescita né alla Nazionale, che crede in lui per il futuro. D'altronde la sua storia in azzurro non è così fortunata come nel Psg.
E che dire di Insigne. A furor di popolo, complice una condizione di forma smagliante, in tanti lo avrebbero voluto in campo. Ma era difficile, se non impossibile, per il talentino del Napoli prendersi la responsabilità di illuminare una Nazionale troppo prevedibile, nonostante la forza d'urto là davanti. Non era a suo agio in una posizione così allargata, non ha difeso né creato pericoli a De Gea, steccando sul palcoscenico dove aveva segnato un gol pazzesco al Real. E ha pagato il prezzo dei giocatori di talento: quando non illuminano la scena, la loro assenza si nota il doppio. Il 10 sulle spalle andrebbe onorato meglio, forse gli manca ancora la dimensione europea.
Intanto a Coverciano è arrivato un volto nuovo.
Al posto di Spinazzola che va a casa per un infortunio alla caviglia, è stato chiamato Davide Zappacosta, che Conte aveva inserito tra le riserve per l'Europeo e Ventura - suo allenatore al Torino nel 2015 - ha fatto esordire in azzurro in Liechtenstein.
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