di Franco Ordine
In fatto di principio, l'intervento di Aurelio De Laurentiis, presidente del Napoli con lo scudetto sul petto a proposito della clausola che impone a Spalletti di versare una penale di quasi 3 milioni qualora decidesse di tornare ad allenare, non fa una piega. La frase «pacta sunt servanda», i patti vanno rispettati, è incisa sulla pietra dai tempi dei romani e non può essere tradita in questa occasione.
Dietro il sacrosanto principio poi resiste una questione di merito tesa a stabilire se il «patto di non concorrenza», sottoscritto tra il Napoli e Luciano Spalletti per liberarlo dall'obbligo di allenare un altro anno, debba riguardare anche la Nazionale e non soltanto un club come farebbe immaginare lo spirito dell'intesa (ADL non voleva che passasse alla concorrenza juventina, ndr). Questo è un contenzioso da professionisti dei contratti e va lasciata loro il compito di sciogliere il nodo. Ma se è vero, come rammenta a mo' di morale ADL, che la deroga non può essere invocata né da Spalletti - né per suo conto dalla federcalcio - è altrettanto vero che in occasione della regola sul divieto di possedere due club (il Bari oltre al Napoli, ndr) la deroga federale di rinviare la scadenza ad altra data è stata accolta con legittima soddisfazione dal presidente del Napoli con ringraziamenti a Gravina. Allora, per coerenza, o le deroghe valgono sempre oppure non valgono mai. C'è infine una questione ancora più decisiva che chiama in causa questa volta anche l'ex ct Roberto Mancini: e cioè aver trattato il club Italia come un qualunque altro club e non invece la massima espressione calcistica nazionale. Massimo Moratti, sull'argomento, ha colto il segno segnalando la mancanza di «elasticità mentale e generosità». Mancini in particolare ha ripetuto con gli azzurri lo stesso comportamento che ebbe con l'Inter, abbandonata a pochi giorni dall'inizio della stagione.
Ecco il punto infine: se questo è il metro di comportamento, non possiamo meravigliarci del livello di attaccamento dei calciatori alla maglia azzurra, né del grado di collaborazione e senso di appartenenza da parte dei dirigenti del nostro pallone destinato a sgonfiarsi sempre più.
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