Rossi non ci sta. E ricorre al tribunale sportivo

Chiede l'annullamento o riduzione della sanzione che lo costringe a partire ultimo

Rossi non ci sta. E ricorre al tribunale sportivo

Valentino non si limita più a correre. Adesso ricorre. All'arbitrato sportivo. Contro i tre punti di penalità sulla patente sportiva che fra una settimana lo costringeranno a partire da fondo griglia a Valencia. L'anticipazione della Gazzetta dello sport è diventata realtà ieri quando il Tas, il Tribunale di arbitrato sportivo, ha confermato che «Valentino Rossi ha chiesto la procedura d'urgenza per l'annullamento o la riduzione della sanzione e l'arbitrato è già in corso». Il campione, seguito dall'avvocato Maestretti di Lugano, vuole giustizia sul motoscontro a Sepang con Marquez. Il cui entourage paraltro ha aggredito ieri i due inviati delle Iene Stefano Corti e Alessandro Onnis che erano volati in Spagna per consegnare al catalano la «Coppa di Minchia» e che sono finiti in ospedale per una medicazione.

Purtroppo va detto. Uno sport troppo maschio e rischioso e bello si sta trasformando in una disciplina troppo polemica e in mano ai giudici. L'Italia che si è stretta attorno al proprio campione, ingrossata anche da appassionati che capiscono poco di moto e regole e torti e ragioni a 300 all'ora, ma che Rossi ha il merito di aver attratto sdoganando il motociclismo, gli ha dato sostegno e forza per ricaricarsi e domare la rabbia. Ma forse anche la convinzione di essere totalmente nel giusto. Cosa che non è. E la certezza che la punizione subita sia esagerata. Cosa che non è.

È vero: la decisione dei giudici di Sepang è sbagliata. Ma per altri motivi. Perché non doveva arrivare a freddo e a gara conclusa drogando il Gp successivo, bensì subito e con un ride through che avrebbe costretto Vale a una rimonta pazza. Sarebbe stato penalizzato di più? Sì. Avrebbe perso la testa del mondiale? Forse sì. Ma a Valencia se la sarebbe potuta giocare ad armi pari. Tante domande. Come quella suprema: Marquez gli ha reso dura la vita apposta? Sì. Ne aveva facoltà. E la sua condotta, benché discutibile, è rimasta nel consentito. La manovra di Vale, rallentare e allargare, invece no. Fallo di reazione.

Per cui sì, giudici colpevoli.

Perché ci hanno regalato un triste ricorso al Tas, un Gp che forse sarà sub judice fino al 6 novembre (data entro cui il Tas si pronuncerà), un circuito spagnolo trasformato in arena di corrida. Soprattutto, avremmo una sfida tra fenomeni che si detestano. Non un affare di Stato.

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