Lo scatto del fagiano e lo sguardo dei polli. Tutto questo nell'aia della Roubaix. Peter Sagan ha davvero fatto il fagiano, mentre i suoi avversari sono risultati alla fine degli autentici polli.
Se l'allungo del campione olimpico Greg Van Avermat è rabbioso, quello di Sagan, immediatamente dopo, a poco più di 50 km dal traguardo, è da autentico furbacchione. I corridori lo chiamano lo «scatto del fagiano», nel senso che non è un vero e proprio scatto, ma una lenta, lentissima progressione. Un allungo disinvolto e disinteressato, quasi al rallentatore. Per la serie: «Vado, ma non ne avrei tanta voglia...».
Invece Peter Pan Sagan ha una gran voglia di arrivare, e di fare alle sue spalle il vuoto. E ci riesce come solo i campioni sono capaci di fare. «È incredibile essere riuscito a vincere la Paris-Roubaix! dice felice il campione del mondo -. Sono stanchissimo dopo questa corsa, ma devo dire che quest'anno non sono stato coinvolto in incidenti: nessuna caduta e nemmeno una foratura. Quando sono andato all'attacco, ho pensato subito di continuare a spingere e provare ad andare fino al traguardo. Voglio solo dire grazie a tutti i miei compagni di squadra: ad incominciare da Daniel Oss».
L'ultimo a trionfare in maglia iridata nella regina delle classiche era stato il francese Bernard Hinault nel 1981. Per Sagan è il 104° successo in carriera, il secondo monumento dopo il Fiandre 2016. In una volata a due ha battuto Silvan Dillier, 27enne campione svizzero, grande sorpresa di giornata. A completare il podio l'olandese Niki Terpstra, vincitore settimana scorsa del Giro delle Fiandre.
Lo scatto del fagiano è la fotografia della Roubaix numero 116 firmata da Peter Pan Sagan. Dopo la lenta ma inesorabile progressione, lo slovacco si è prima riportato su Bystrom, Wallays e Dillier, ultimi sopravvissuti dei 9 fuggitivi di giornata. Infine, solo con il campione di Svizzera.
Al loro inseguimento si lanciano Terpstra, Van Aert, Phinney, Vanmarcke, Van Avermaet, Debusschere e Stuyven: Phinney si sacrifica per Vanmarcke, Van Aert è frenato da problemi meccanici e Debusschere si stacca esausto.
Davanti, intanto, Dillier ha deciso di giocarsela fino alla fine: resiste a denti stretti alle accelerate di Sagan sul tratto di pavé più duro, quello del Carreffeur de l'Arbre, e cede soltanto allo sprint conquistando comunque uno storico secondo posto al termine di una corsa che nemmeno doveva correre. Sul podio finale anche l'olandese Terpstra che proprio negli ultimi metri ha staccato i belgi Van Avermaet, Styven e Vanmarcke.
Poca gloria per i corridori italiani: bravo il nostro Daniel Oss nel lavorare per capitan Sagan. Sfortunato Matteo Trentin, costretto al ritiro dopo una caduta. Staccato Gianni Moscon, lui pure finito a terra e costretto a spendere energie preziose per recuperare e poi pagare dazio nel finale. Simone Consonni ultimo. Filippo Ganna fuori tempo massimo a ben 13' dal compagno di squadra Consonni.
L'uomo che non doveva esserci è Silvan Dillier, campione di Svizzera. Il 3 marzo scorso cade alle Strade Bianche, e riporta la frattura di un dito, che lo costringe ad uno stop forzato. Il rientro il 31 marzo sulle strade della Bretagna, ma di schierarlo alla Roubaix non ci pensa nessuno. Men che meno in casa AG2r, dove tutti puntano allo specialista Oliver Naesen.
Succede però che a metà settimana Rudy Barbier si ammali e quindi ecco l'idea di chiamare Dillier. Gli danno il compito di partire da lontano: e lontano ci va per davvero. Al fianco di Peter Sagan. Fin sul podio di Roubaix.
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