Innsbruck - Da tre anni ha la maglia iridata cucita addosso, ma Peter Sagan cerca di convincere tutti che è qui solo per onorare il titolo iridato, la sua storia di atleta e quella della sua nazione (la Slovacchia). «Non ho nessuna possibilità di vincere. È troppo duro per me, non ho speranze».
Intanto, però, Peter è qui ad Innsbruck dove oggi metterà nuovamente in palio la sua maglia con i colori dell'arcobaleno, e spera di rivestirla dopo sette ore di corsa dura, durissima, forse la più dura dal famoso mondiale di Sallanches 1980 vinto da Bernard Hinault davanti al nostro Gibì Baronchelli.
Peter dice di non avere chance, di essere qui perché è giusto esserci, che l'uomo da battere sarà Alejandro Valverde, ma le stesse cose le diceva anche tre anni fa, a Richmond, quando per la prima volta si è laureato campione del mondo. «È vero, tutto può succedere, ma su un percorso del genere deve succedere qualcosa di eccezionale perché io possa sperare di poter vincere».
C'è un altro big del ciclismo mondiale che sembra essere qui solo per dare una mano, perché le gambe sono buone ma non buonissime, per via della schiena, di quella vertebra rotta nella caduta all'Alpe d'Huez al Tour. Per quanto ci riguarda, è già un miracolo che sia qui, con una condizione più che accettabile, più che buona, «ma non super», come lo stesso Vincenzo Nibali va dicendo da giorni.
«È percorso davvero tosto ci spiega il siciliano, chiamato a ricoprire il ruolo di battitore libero -. La salita da ripetere sette volte (si chiama Igls, ndr) è di quelle che alla lunga si fanno sentire spiega sempre Enzo -. Poi c'è il muro, alla fine, dopo 250 km, che giustamente chiamano Inferno, perché ha punte del 27%. In allenamento l'ho fatto con il 30, ma in corsa forse converrà avere il 32», spiega sempre Vincenzo, che riflette ad alta voce sul numero di denti del pignone posteriore da adottare, abbinato alla moltiplica anteriore da 36.
A 10 anni dall'ultimo trionfo azzurro sulle strade di casa (a Varese, vittoria di Ballan, ndr), l'Italia va alla ricerca almeno di una medaglia. Ecco, un podio sarebbe già da considerare una vittoria. Ma è bene non farsi troppe illusioni. Con un Nibali sano, questo era davvero un mondiale adatto ai suoi mezzi, ma alla luce di quanto è successo al nostro uomo simbolo, dobbiamo già ringraziarlo per essere qui al fianco di Gianni Moscon e Domenico Pozzovivo, Alessandro De Marchi, Gianluca Brambilla e Franco Pellizotti, oltre a Damiano Caruso e Dario Cataldo.
Sarà una Nazionale comunque di alto profilo, questo va detto. Un team esperto, tosto e anche affidabile e imprevedibile. «È chiaro che avrei voluto avere un Nibali al cento per cento, ma se non siamo la squadra da battere è giusto non partire da battuti», precisa il ct Davide Cassani.
Julian Alaphilippe è il nome più gettonato. Secondo i bookmakers il successo del francese è pagato 5,50, contro il 6,50 dello spagnolo Alejandro Valverde. Seguono il britannico Simon Yates, vincitore della recente Vuelta di Spagna, e lo sloveno Primoz Roglic, le cui vittorie sono quotate a 10.
Il trionfo iridato di Vincenzo Nibali vale 12, quello di Gianni Moscon è equiparato alla quota (15) dell'altro britannico, Adam Yates. Le vittorie del francese Thibaut Pinot, del polacco Michal Kwiatkowski e dell'olandese Wout Poels sono date a 20, quella del campione in carica, lo slovacco Peter Sagan, addirittura a 33. Vale la pena giocarlo.
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