La Mercedes oggi a Sochi ha il primo match point mondiale nel senso di campionato costruttori. I tifosi si eccitano poco al riguardo, ma case e team ci tengono parecchio perché se i piloti contano fino ad un cento punto, i dané contano tantissimo. Tra Mercedes e Ferrari ballano 169 punti, altri tre e la missione sarà compiuta. Ancora in Russia, come lo scorso anno. Segno che la musica non è cambiata.
È cambiata invece, e da tempo, la musica alla voce sicurezza. Se non ci si mettono di mezzo dei caterpillar come nel caso del povero Bianchi, la F1 è sicura. L'uscita durante le libere a trecentonove all'ora di Carlos Sainz inghiottito dal muro di barriere è la dimostrazione. Vero, ci hanno messo interminabili minuti a tirarlo fuori dal lego di cubi imbottiti di materiale assorbente, ma una volta estratto era integro e rintronato. Dall'ospedale dice di voler correre. Ed è la riprova di quanto sia ancora rintronato. Il team manager della Toro Rosso, Franz Tost, sul tema ha buttato lì che «le barriere fatte così vanno riviste», ricordando il caso di Burti a Spa nel 2001. All'epoca anche il brasiliano era rimasto sommerso (e però tumefatto in viso) da un muro di gomme. Ma le gomme erano imbullonate fra loro, altra roba, altra storia.
Solita storia invece alla voce pole e gara. Là davanti c'è sempre la corazzata über alles con le prime due file fotocopia del Giappone due settimane fa: cioè Rosberg e Hamilton, la Williams di Bottas e la Ferrari di Vettel. Seb dice «non sono soddisfatto, avrei potuto fare meglio, ero da terzo tempo, ma in gara saremo più vicini». Prima, riguardo a Hamilton che in posa da star se ne era stato a lungo in favore di fotografi a guardare la Ferrari nel parco chiuso, aveva detto: «Finché guarda e non tocca va bene...». Lewis toccherà, è scritto, prima o poi toccherà. Quando la Ferrari sarà una Mercedes. Perché la griglia di ieri certifica più o meno la solita storia: la Rossa è sempre la seconda forza del campionato (5 decimi da Hamilton, oltre 8 da Rosberg), salvo varie ed eventuali intrusioni talvolta della Williams, talvolta delle Red Bull.
Già, le bibite. Più che un caso motori, un caso umano. Figlio di un mix esplosivo fatto di genio progettuale e arroganza ostinata. Il genio è quello di Adrian Newey, l'uomo che ha disegnato tutte le monoposto Red Bull. L'arroganza è quella del team principal Chris Horner (e di chi lo appoggia, quindi anche patron Red Bull, Dieter Mateschitz) che, visti i limiti dell'ibrido Renault e nonostante gli 8 mondiali di fila (costruttori e piloti) vinti insieme, non ha mai perso occasione per incolpare la casa francese per gli scarsi risultati. Il tutto mentre intavolava trattative con Mercedes. Così la Renault ha deciso di comprarsi la Lotus e non fornire più motori. Risultato: la Mercedes ha fatto due conti e deciso che no, fornire motori ai bibitari sarebbe stato contro producente perché grazie al genio di Newey avrebbero potuto vincere e grazie all'arroganza di Horner & C. al primo problema tecnico sarebbero stati pronti a dare loro la colpa. Più o meno uguale ragionamento stanno facendo a Maranello. Così, un po' geni e un po' arroganti, quelli di Red Bull sono senza un motore all'altezza e minacciano di andarsene. Per cui è ora corso ai ripari Ecclestone.
Tra i jolly in esame anche quello di convincere la Renault a riaccogliere il marito traditore invaghito di bionde tedesche e rosse emiliane. Ma dato che la F1 non è una famiglia, se Renault dovesse dire di sì sarebbe per un solo motivo: Ecclestone le ha promesso ricchi premi e cotillon per il suo futuro team. Leggasi favori.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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