San Marino insegna l'educazione ai tedeschi

Per Müller «inutile» la sfida con la squadra del Titano, che risponde con ironia...

San Marino insegna l'educazione ai tedeschi

Caduto il muro di Berlino, ventisette anni dopo resiste ancora Thomas Müller. Lui è un tedesco di Germania, di quelli über alles mentre il resto è kaputt. Lui è un «interprete dello spazio», così si definisce parlando del proprio stile di giocare a football, andando dove lo porta il pallone e dunque il gol. Mestiere che sa svolgere benissimo. Poi l'interprete si trasferisce dallo spazio all'ospizio, diventa noioso, parla, parla, parla molto, nello spogliatoio, in campo, con la stampa. Manda baci, scherza, provoca l'interlocutore e ogni tanto sbarella, con quell'espressione degli occhi e della bocca che lo fa somigliare a un reduce da seratona in stube. Müller ama la guerra mondiale mica i giochi da oratorio tipo la partita contro San Marino, lui vorrebbe sempre sfidare l'Italia, l'Argentina, il Brasile, l'Inghilterra o la Francia, altro non gli interessa, è roba piccola, anche rischiosa. Rischiosa per la sua carriera e le sue gambe. Fosse per lui tirerebbe di nuovo su i mattoni, anzi una bella colata di cemento armato, tipo i favolosi anni di Berlino Est, per tenere a distanza le piccole nazionali che non garantiscono denari, non attirano gli sponsor, spesso comportano trasferte noiose. È la stessa idea di Kalle Rummenigge e del clan della Superleague, basta con le squadrette di periferia, come direbbe Briatore: la gente è stufa di musei e casette, vuole movida, soldi e champagne. Ora è facile scherzare coi fanti ma è opportuno lasciar stare i santi.

Teodoro Lonfernini, segretario di Stato sammarinese, ha preteso «scuse formali», il ct tedesco Löw ha ribattuto «c'erano amatori ma nessuna mancanza di rispetto...», per cui siamo al caso diplomatico, ma anche alla gag. Dopo San Marino a Thomas è toccato passare da San Pietro, dove è stato ricevuto, assieme alla Mannshaft, la nazionale di Germania, da Franziskus Papst, come dicono e scrivono loro, sarebbe papa Francesco.

Non è finita: stasera gli tocca anche San Siro.

Thomas Müller non ha pace, quando aveva nove anni faceva il chierichetto, probabilmente allora portava i sandali con i calzini bianchi. La chiesa di Pahl porta il nome di? San Lorenzo. Dio non lo perde di vista. Speriamo così, anche gli azzurri.

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