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San Siro ancora fatale. Italia, non basta il cuore, in finale ci va la Spagna

Una doppietta di Ferran Torres condanna gli azzurri che in 10 lottano fino alla fine

San Siro ancora fatale. Italia, non basta il cuore, in finale ci va la Spagna

Se la gara con la Spagna doveva ribadire la ritrovata competitività della nostra Nazionale, la truppa di Mancini non ha superato l'esame. I leoni di Wembley, orfani dei propri centravanti di ruolo ai box per infortunio, per una notte diventano per oltre un'ora agnellini alla mercè del lupo cattivo Spagna. Abile nel possesso palla, brava nel rallentare il ritmo e poi accendersi all'improvviso e gestire il risultato. E così, a distanza di quattro anni, Milano resta fatale per gli azzurri: se la Svezia ci tolse un posto al Mondiale di Russia, le Furie Rosse si prendono la rivincita della semifinale europea e fermano la nostra corsa verso la Nations League che avremmo potuto alzare in casa nostra. In una notte perdiamo l'imbattibilità (durata tre anni e 37 gare di fila, record mondiale) e interrompiamo la nostra serie casalinga con la Spagna (l'ultimo ko addirittura nel 1971).

Tra i fischi impietosi a Donnarumma - che oltre ai due gol subiti non si fa mancare una clamorosa papera - e l'espulsione di Bonucci (che paga un braccio troppo largo nell'intervento su Busquets) quando sta per calare il sipario sul primo tempo, si capisce come la notte del Meazza sia costantemente in salita per i nostri giocatori. Giocare contro la Spagna, pure con tante assenze, è già difficile undici contro undici, figuriamoci in inferiorità numerica. E anche l'ingresso di Kean dopo un'ora di gara, con l'Italia già sotto di due reti, si rivela inefficace. Più fruttuosi quelli di Locatelli e Pellegrini: il romanista prova a riaccendere la fiammella a sette minuti dal 90', con un tocco vincente sotto porta favorito dalla galoppata di Chiesa.

Mancini prova a giocarla come Luis Enrique, facendo di necessità virtù: falso nove prima con Bernardeschi, che sembra un pesce fuor d'acqua, poi con Insigne, che fallisce clamorosamente una ghiotta occasione sotto porta. Ma al di là della novità tattica, sperimentata proprio in un tratto della sfida dell'Europeo con le Furie Rosse, la squadra è sembrata girare poco nei primi 70 minuti, considerando anche il fatto di essere in 10: centrocampisti senza idee, difesa in affanno sulle discese dei nostri avversari. Rimangono solo i legni colpiti da Bernardeschi - su parata di Unai Simon - e Chiesa, oltre che la verve del figlio d'arte e di Pellegrini, che torna al gol in azzurro dopo un anno (a Bergamo fece gol all'Olanda) e il rimpianto di quel gol subito a pochi istanti dalla fine del primo tempo dopo il rosso a Bonucci. Buono il finale, ma era troppo tardi.

La Spagna si concede il lusso di far debuttare il baby del Barcellona Gavi (17 anni e 62 giorni, il più giovane esordiente in Nazionale), mostra un Busquets brillante e un Ferran Torres bomber implacabile (con la doppietta che decide il match, sale a sei reti nelle ultime 6 gare con la Roja). Insomma, Luis Enrique regola i conti con gli azzurri a tre mesi esatti di distanza. Così, i campioni di Mancini rimedia una sconfitta. Dimentichiamoci Wembley e cerchiamo di voltare subito pagina. Il ct alla fine dirà: «Le partite sono così, certi episodi le condizionano. La Spagna gioca molto bene, abbiamo fatto un errore che a questi livelli non si deve fare.

È stata una bella partita, nel secondo tempo siamo stati bravissimi».

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