C'è una montagna da scalare e una storia con la S maiuscola da scrivere perché stasera al San Paolo, vestito a festa per l'occasione, arriverà l'«argenteria» del calcio europeo. Contro il Real Madrid, la cui bacheca esplode di trofei, ci sarà in gioco l'immagine internazionale di Napoli e del Napoli. Stadio pieno come ai bei tempi di re Diego (oltre 56mila spettatori con l'urlo Champions che come sottolinea capitan Hamsik «si sentirà fino a Torino») dopo il maquillage deciso dal sindaco De Magistris, il record d'incasso (4,4 milioni di euro, il secondo di tutti i tempi in gare di Coppa giocate in Italia dopo Milan-Barcellona del 2012), ex di spicco sulle tribune come testimonial come Krol e Careca, ma anche il Francini che 29 anni fa fece gol ai Blancos, mentre sarà assente Maradona, impegnato a Seul per il sorteggio dei Mondiale Under 20 come ambasciatore della Fifa.
La squadra di Sarri è ormai una realtà del calcio di casa nostra, con un modo di giocare spesso definito di livello europeo. Ora serve il salto di qualità fuori dalla Penisola e per farlo ci vuole un'impresa nella partita storica per il club e per i tifosi negli ultimi trent'anni, quanti ne sono trascorsi dalla sfida precedente. Scacciate via le nubi e allontanato lo spettro della crisi con il successo di Roma, il Napoli ha gettato le basi almeno per provarci. Con rispetto del blasone degli avversari, ma senza paura o pressioni particolari. «Sono i campioni del mondo e di Europa, sono quindi i più forti ed è normale che il turno lo passino loro - dice Sarri, costretto a interrompere il silenzio perchè l'Uefa impone conferenze stampa della vigilia -. Noi abbiamo la tifoseria campione del mondo e lo vedrà tutta Europa, l'ambiente deve servire a noi, non per spaventare loro che sono abituati. Il Real segna da 46 partite di fila, per noi sembra una sfida impossibile ma può diventare difficile anche per il Real, può darsi che gli faremo girare i cogl...».
Il disgelo con De Laurentiis dopo i veleni del post Bernabeu è stato importante per non rovinare la festa che in città si prepara sin dai tempi del sorteggio di dicembre. E se il patron, presente all'assemblea elettiva del presidente Figc liquida la vigilia storica con una frase tagliente al cronista («sensazioni? Non sono al servizio dei giornali, ma sono i giornali a essere al nostro servizio...»), Sarri racconta l'incontro flash della distensione: «Siamo uniti per forza di cose in questo momento, con il presidente abbiamo parlato per mezz'ora di cui 28 minuti di cinema, nei quali ho buttato giù un paio di sceneggiature, spero che mi faccia fare un film e non si arrabbi per il calcio. Comunque c'è convergenza sugli obiettivi». Dunque, le posizioni restano le stesse di prima - l'allenatore non gradisce ingerenze tecniche, il patron si sente legittimato a fare qualche critica - ma si cerca di remare dalla stessa parte. Di sicuro la notte dei destini incrociati sta per arrivare e il Napoli ha scoperto una vigilia senza fantasmi né debiti con se stesso e la storia con cui fare i conti.
Certo, in casa partenopea bruciano ancora quegli otto minuti di blackout che rischiavano di compromettere l'impresa dell'Olimpico, tanto che Sarri ha chiamato a rapporto i suoi calciatori per studiare gli errori commessi.
E il messaggio è stato chiaro: basterebbe la metà degli obbrobri mostrati nel finale della gara di sabato e contro il Real Madrid non ci sarebbe scampo. «Il 99 per cento delle squadre d'Europa vorrebbe essere al nostro posto», così il condottiero alla squadra. Ci si può tuffare con serenità in una notte sognata per 30 anni.
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