Tutto cominciò a Marassi, in quel Genoa-Milan, una domenica qualunque, all'ora del pranzo. Diego Lopez, portiere con i piedi poco abile, sbavò il primo, il secondo e il terzo rinvio e allora Sinisa Mihajlovic, un bufalo, chiamò Gigio Donnarumma, terzo portiere in lista seduto in panchina, e gli impose di andare a scaldarsi. Poi il Milan perse, Diego Lopez rimase in campo ma quell'idea pazza cominciò a circolare per i corridoi di Milanello. Fino alla settimana che portò alla sfida col Sassuolo, giusto un anno fa, il 25 ottobre. Prima di provocare quella scossa, il serbo interpellò un saggio del gruppo, Christian Abbiati. «Secondo te Gigio è pronto per giocare domenica?!» chiese e ottenne un sì convinto. Fu il lasciapassare per il debutto che mise tutti, critici e tifosi, contro uno, Sinisa Mihajlovic, convinto all'azzardo dai report quotidiani del preparatore dei portieri, Alfredo Magni. «Questo ragazzo è un portento» gli ripeteva da settimane.
E d'altro canto che Gigio Donnarumma fosse una sorta di predestinato lo intuì, per fortuna del Milan, un esperto di giovanissimi calciatori, Mauro Bianchessi del settore giovanile rossonero. Si presentò a casa Donnarumma, a Castellamare di Stabia, e rimase otto ore fuori dalla porta prima d'essere ricevuto da papà e mamma contrari a quel trasferimento precoce e pericoloso nella tentacolare Milano. «Alla fine decisi io per il sì perché ero tifoso del Milan, anche mio fratello Antonio era passato di lì» la ricostruzione postuma dell'interessato. Che non fosse uno di quei ragazzoni tutto fisico e zero talento, lo capì anche Pinato, portiere di riserva ai tempi di Antonioli e poi istruttore apprezzato al Vismara. «Questo è nato per fare il portiere di calcio» disse ai suoi dirigenti.
Per questo, quel giorno di fine ottobre, Gigio Donnarumma chiamato a esordire nel Milan, al posto di Diego Lopez, non fece una piega, né patì una particolare emozione. E così sembrò ai più, nonostante un gol ingenuo subito su punizione da Berardi, che quel ragazzino di 16 anni e qualche mese fosse una sorta di genialata di Mihajlovic. Perché d'accordo vivere, come gli succede tutt'ora, nel pensionato dei primavera, d'accordo prendere tutti i giorni il pullman per andare a Milanello visto che non ha ancora la patente, va bene dormire secco tre ore il pomeriggio prima delle partite, ma entrare a San Siro senza il batticuore, affrontare Buffon e salutarlo come un vecchio sodale, giocare il derby e non avvertire il tremolio alle gambe che fanno giacomo giacomo, beh vuol dire che qualcosa di unico e di speciale abbiamo davanti agli occhi.
Ed è questo perticone di quasi 2 metri chiamato Donnarumma, Gigio per tutti, con un velo di barba fisso, la fidanzata dalle parti di Pompei, la famiglia che ogni tot sale a Milano per garantirgli il clima domestico, e un allenatore diventato una sorta di precettore perché ne scandisce non solo l'addestramento ma gli dispensa anche i consigli per affrontare la carriera come se fosse un gioco. Ed è questa la virtù principale di Gigio che pare nato dalle parti di Stoccolma per come gestisce le tensioni. Ha preso a studiare anche i rigoristi del campionato per colmare una delle sue rare lacune. E i risultati sono arrivati a stretto giro di campionato: col Toro ha respinto quello di Belotti evitando il 3 a 3 beffardo, con la Fiorentina ha intuito e quasi sfiorato quello di Ilicic spedito sul palo.
Perciò, a sentire Mino Raiola che è il suo procuratore, Gigio ha preso a luccicare come un gioiello «e i gioielli devono stare nelle vetrine dei negozi importanti» la battuta che ha provocato il panico nel mondo Milan.
A mediare e a ricucire ha provveduto Adriano Galliani con quel giudizio «Raiola è imprescindibile per il rinnovo del contratto di Donnarumma» che ha rimesso Gigio al centro del villaggio rossonero. Prima di ritrovarsi davanti il Sassuolo ma non quel satanasso di Berardi.
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