Se la civiltà giuridica viene fatta a pezzi dalla (in)giustizia sportiva

di Giuseppe Cruciani
H a detto Antonio Conte ai suoi avvocati: «Non voglio scorciatoie, puntiamo all'assoluzione totale». Oggi si presenterà davanti ai giudici d'appello della Federazione. O la va o la spacca. Fosse un tribunale normale sarebbe una passeggiata. Sapete quali sono le prove a carico di Conte, accusato di essere al corrente di un paio di partite truccate e non aver sporto denuncia? Semplicemente non ci sono. I giudici di primo grado hanno preso per buone le parole di un pentito, Filippo Carobbio, ma non hanno bisogno di trovare riscontri concreti, reali, inattaccabili. La giustizia sportiva non lo prevede. Carobbio (che serve a tenere in piedi altre accuse) è credibile, senza se e senza ma. Se crolla il pentito, crolla una buona parte degli altri procedimenti in corso. Per questo la partita che deve affrontare Giulia Bongiorno, nuovo legale dell'allenatore, è paradossalmente più complicata di quella vinta contro i pentiti del caso Andreotti. In quel caso stava all'accusa provare che i pentiti dicevano la verità. Qui è tutto al contrario. Per i signori che in primo grado hanno condannato Conte a dieci mesi di squalifica il tecnico «non poteva non sapere» (vi ricorda qualcuno?) delle trame del suo vice e dei giocatori coinvolti nella partita contro l'Albinoleffe (all'epoca mister scudetto allenava il Siena) e questo semplicemente per «la sua personalità e il ruolo all'intero della società». Era cioè «un accentratore», secondo quanto riferisce ai magistrati un dirigente senese. Avete capito bene. Essendo Conte un «accentratore», se qualcuno intorno a lui si è venduto le partite, ebbene lo stesso Conte ne doveva essere per forza a conoscenza. Un abominio.
Ma non è finita. Un altro pilastro dell'accusa è il fatto che prima di un altro match incriminato (Novara-Siena) Conte avrebbe parlato alla squadra di una partita già decisa con un pareggio. Lo dice Carobbio, ovviamente. Non c'è un altro giocatore che confermi e tutti quelli portati dalla difesa non vengono ritenuti credibili perché, così scrivono i giudici di primo grado, se dicessero il contrario verrebbero incriminati. Dunque: chi ha partecipato a quella riunione dice che Conte ha semplicemente «motivato» i suoi uomini, urlando che quella partita non andava persa. Ma sono considerati testimoni di serie b, insomma non contano nulla. Questo il quadro. Intanto Conte è finito nel mirino del giornale pro-giudici per eccellenza, cioè il Fatto Quotidiano di Travaglio. Ieri c'era un articolo di Paolo Ziliani che prendeva per buone tutte le decisioni dei giudici sportivi di primo grado, scandalizzandosi del fatto che l'allenatore bianconero non sia stato accusato di illecito ma solo di omessa denuncia. Altro che vittima, scrive Ziliani, Conte dovrebbe addirittura ringraziare il procuratore Palazzi per averlo salvato da accuse più dure. Ma questi sono dettagli. Oggi la Bongiorno non avrà a disposizione più di dieci minuti.

Non può controinterrogare i testimoni e gli accusatori, le regole della civiltà giuridica nello sport valgono meno di zero. Ha di fronte un muro, ma non sono previste vie d'uscita. O innocente o tutto il campionato in tribuna.

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