Se il Diavolo divora i centravanti

Higuain nella scia di Kalinic e Silva, Bacca e Matri. Il Milan cerca ancora il dopo Ibra

Se il Diavolo divora i centravanti

Roberto Gotta

E' dal 28 ottobre che Higuain non fa (il) Pipita e fisiologicamente è un bel problema, per il Milan. Che in campionato ha avuto cinque gol dall'argentino, quattro da Suso, tre a testa da Cutrone, Kessie e Bonaventura. Anche in un calcio che è cambiato parecchio, e glorifica i centravanti di manovra, la punta centrale è quella sulle cui spalle cadono normalmente le maggiori responsabilità, e in questo il Milan da parecchi anni è deficitario. Anzi, va a rovescio: attaccanti che altrove hanno fatto bene, arrivano a Milano, deludono poi magari tornano a brillare altrove. Non si parla di un Aubameyang, che dopo tanti prestiti andò via definitivamente nel 2011, a 22 anni, ed era comunque all'epoca più un attaccante di fascia. Si parla di giocatori (quasi) fatti e finiti, ma incompiuti nelle loro evoluzioni al Meazza e fuori.

Higuain è l'ultimo esempio, ma lo scorso anno André Silva aveva segnato due gol in 24 partite, mentre ora è a otto in 15 con il Siviglia; e Nikola Kalinic era arrivato a sei in 31, con una miscela di compagni di squadra piuttosto simile a quella attuale. Nel 2016-17, con Cutrone in fase di lancio, un trio complesso: Carlos Bacca 13 gol in 32 partite, Gianluca Lapadula otto in 27, Luiz Adriano nessuno in sette, salvo tornare a rivedere la porta in Russia, con lo Spartak Mosca, quattro in 14, esito simile a quello che aveva avuto in Ucraina, con lo Shakhtar, prima dell'arrivo a Milano, nove gol (e 10 assist) in 21 gare. Bacca, poi, passato al Villarreal, ha ripreso con 15 gol in 35 partite di Liga, anche se quest'anno gira un po' meno. E prima ancora Destro, Pazzini, Fernando Torres (un gol in 10 partite, ma 11 in 30 l'anno successivo, di nuovo all'Atlético). Di Pazzini e Balotelli, 27 gol in due con il delizioso contorno dei 16 di El Shaarawy, l'ultimo exploit vero di punte centrali rossonere che abbiano dato l'idea di saper sfruttare il potenziale.

E l'accenno a El Shaarawy non è casuale: un sistema di gioco con un esterno così pericoloso crea condizioni migliori anche per chi è in mezzo, ponendo alla difesa domande a cui non è in grado di rispondere. Dopo, allenatori diversi, moduli differenti, situazioni di classifica non omogenee, ma medesimo risultato: attaccanti che solo in rari casi - Bacca tra questi - hanno lasciato tracce memorabili con la maglia rossonera, salvo andare altrove e riprendere la mira, la convinzione, la scintilla che trasforma una stagione da decorosa a memorabile.

Nel Milan di quest'anno troppe volte - si è visto anche l'altra sera a Bologna - dalla fascia arrivano cross non perfetti (ultimo posto in tutta la A per gol di testa, uno solo) o il taglio dell'esterno avviene a testa bassa, senza la ricerca del passaggio filtrante che apre la difesa prima che possa chiudersi, e le uniche vere occasioni bolognesi per Higuain sono arrivate da palle sporche che il Pipita ha sfruttato molto male. E dire che al Dall'Ara c'era il centravanti simbolo dell'ultimo ventennio rossonero. Il problema è che Pippo Inzaghi, ora, fa altro.

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