Se la Lega A va in "crisi" come il governo

Trattativa infinita e le società divise sembrano i partiti sul Mes. Se ne riparla l'11

Se la Lega A va in "crisi" come il governo

Ancora un rinvio, l'ennesimo. Fissata giovedì 11 un'altra assemblea. Dalle parti della Lega di serie A sembra di assistere ai riti della politica italiana di questi tempi magri: trattative infinite in attesa di un finanziamento dal consorzio di fondi con presidenti che si dividono tra bisognosi, molto bisognosi e mal disposti a cedere quote del proprio patrimonio, un po' come i partiti della maggioranza giallo-rossa finita a pezzi dopo l'ultima crisi. Ecco il riassunto dell'assemblea dedicata all'argomento che vale - per il calcio italiano in bolletta - quasi come il Recovery fund per il bilancio statale e sul quale è avvenuta la rottura Conte-Renzi.

A Milano, per tornare al calcio, l'assemblea di ieri si è conclusa con un nulla di fatto e appuntamento alla prossima puntata. Nel frattempo sarà compito della commissione di presidenti negoziare con i fondi (Cvc più Advent e Fsi) per «chiarire alcuni punti controversi», parole e auspicio di Cairo, presidente del Toro, favorevole alla firma dell'accordo. «È sempre più difficile prendere decisioni in Lega» la fotografia di Scaroni, presidente del Milan, altro club pronto a chiudere il negoziato e non solo perché proprietà di un altro fondo (Elliott). Bisognerà attendere altri 7 giorni per sciogliere i nodi.

Dietro il mancato voto ci sono le resistenze ideologiche di De Laurentiis e Lotito, contrari alla cessione del 10% e quindi a quote del patrimonio della A (non trovate analogie inquietanti con il no ideologico ai soldi del Mes?), seguite da quelle più recenti avanzate da Agnelli presidente di Juve ed Eca nonché sponsor ufficiale della superlega. In quest'ultimo caso la spiegazione è più didascalica: perché il consorzio dei fondi ha introdotto una clausola che prevede la riduzione della cifra nel caso di cambio del format del campionato. La platea dei favorevoli è costituita in particolare da quei presidenti che hanno un disperato bisogno di ossigeno per le casse e per il pagamento degli stipendi. Sembrano gli esponenti di quei partiti che reclamano il ricorso al voto quale soluzione a tutti i problemi.

Perché passi il contratto nella sua formula definitiva ci sarà bisogno di 14 voti favorevoli: ieri non c'erano.

Perciò Dal Pino, il presidente, regista inesauribile dell'operazione, dopo aver invitato «a riflettere sul futuro strategico della serie A» ha indicato i due punti del term sheet (tradotto: foglio di termine) sui quali non c'è l'intesa. Sono quelli riferiti alle responsabilità (di tutti i tipi, anche giuridica) di club e fondi e ai diritti d'archivio.

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