Se la pedana è un "fronte" nel cuore di Milano

Vince la guerra, purtroppo. Avrebbe potuto trionfare lo sport

Se la pedana è un "fronte" nel cuore di Milano
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Vince la guerra, purtroppo. Avrebbe potuto trionfare lo sport. Vince la guerra perché una pedana di scherma si è trasformata in una lingua di fronte nel cuore di Milano e una stretta di mano negata in un colpo di fucile sparato da un cecchino. Ha mirato bene la Russia. Ha preso in pieno lo sport. Il tennis ci aveva abituati a soluzioni e compromessi semplici fra gli atleti, in campo con il naso turato, da un lato della rete i tennisti ucraini, dall'altro quelli russi. Set, match ball, partita e niente stretta di mano. Finiva così. L'orgoglio rispettato, la distanza mantenuta, il buonsenso a farla da padrone. Qui, invece, dove a farla da padrone per anni a livello politico sportivo, e a quanto pare anche adesso, è la Russia, qui abbiamo assistito a una imboscata. Forse ingenua, forse patriottica Olga Kharlan, «non volevo combattere ma questa è la mia guerra e allora sono andata in pedana...» dirà l'atleta ucraina squalificata per non aver stretto la mano alla rivale russa. Diabolica la Smirnova senza bandiera che ha fatto ricorso per il saluto negato subito accolto dai giudici di una federazione che per quasi 15 anni è stata governata come un feudo dall'oligarca Usmanov, costretto a un passo indietro dopo l'invasione dell'Ucraina. Ma tutto odora ancora di lui. Ingenua e incosciente Olga, per aver pensato che Mosca nella scherma contasse meno; avrebbe dovuto immaginarlo che il permesso accordato dalla federazione, solo a parole, di non stringere la mano, poteva trasformarsi in imboscata in una disciplina dove il rituale cavalleresco dei saluti, se non rispettato, porta alla squalifica. Ma forse è solo colpa della scherma che non è il tennis milionario dei globetrotter della racchetta. La scherma, nella sua nobiltà, è ciò che più si avvicina a una battaglia. Unica disciplina che conserva nel gesto atletico l'arte della guerra e il suo fine ultimo: ferire, uccidere, abbattere, dominare.

Quei punteggi colorati di verde e rosso, quelle maschere che proteggono, nascondono e raccontano atleti metà sportivi e metà cavalieri in battaglia. E la Russia, ieri, ne ha fatto apposta il proprio fronte. Nel cuore di Milano.

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